Hugo Chavez è deceduto ieri. Era ammalato da tempo e aveva sostenuto due lunghe degenze a Cuba per combattere un tumore che alla fine ha avuto la meglio. Il vice presidente del Venezuela Nicolas Maduro ha sollevato dei sospetti sulla sua morte, sostenendo che sarebbe stato avvelenato da suoi oppositori, insinuando l’ipotesi di un complotto internazionale e paragonando la morte del presidente a quella di Arafat. Con questo dubbio nel cuore il popolo venezuelano lo piange per le strade di tutto il paese. Chavez aveva vinto le elezioni del 2012 con un deciso vantaggio nei confronti del suo rivale filo-americano Capriles. Un leader di 58 anni, un’età impensabile per un presidente nella nostra sfera geografica, ma che dirigeva il paese da 15 anni e che ha portato il Venezuela fuori da una situazione di povertà estesa, garantendo uno sviluppo al paese di primordine.
Tra i fattori più incisivi del successo del governo Chavez e della sua schiacciante vittoria alle elezioni dello scorso ottobre 2012, vi è la riduzione della povertà, resa possibile dalla ripresa del controllo della compagnia petrolifera nazionale PDVSA, e dall’utilizzo delle abbondati entrate non a beneficio di un piccolo gruppo, così come fece il governo precedente, bensì per la costruzione di infrastrutture ed investendo in servizi sociali di cui tanto avevano bisogno i venezuelani. Negli ultimi 10 anni il governo ha aumentato la spesa per servizi sociali del 60,6% per un totale di 772 miliardi di dollari.
La povertà non si misura solo dalla scarsità delle entrate economiche, né il benessere si può giudicare dalla sola assenza di malattie. Sono interconnessi tra loro e soggette a più fattori, ovvero determinate da una serie di processi sociali. Per dare un quadro oggettivo del progresso reale risultante dalla rivoluzione bolivariana in Venezuela negli ultimi 13 anni, è essenziale esaminare alcuni dei dati chiave disponibili in materia di fattori sociali determinanti per il benessere e la povertà: educazione, diseguaglianza, lavoro e reddito, sicurezza alimentare, assistenza sociale e servizi.
Se osserviamo i fattori che determinano il benessere, notiamo che il Venezuela è attualmente il paese di quella regione geografica con il minor dislivello sociale (misurato con Coefficiente di Gini) che ha ridotto la diseguaglianza del 54% e la povertà del 44%. La povertà è passata da un tasso del 70,8% nel 1996 al 21% nel 2010. La povertà estrema si è ridotta dal 40% del 1996 al 7.3% nel 2010. Circa 20 milioni di persone hanno beneficiato dei programmi anti-povertà, chiamati “Misiones” (fino ad oggi 2,1 milioni di anziani hanno ricevuto pensioni di anzianità- ovvero il 66% della popolazione mentre prima dell’attuale governo solo 387.000 persone ricevevano una pensione).
L’istruzione è un fattore determinante per la valutazione del benessere e della povertà di un popolo e il governo bolivariano ha dato all’istruzione particolare importanza, destinando ad essa più del 6% del PIL. L’UNESCO afferma che l’analfabetizzazione è progressivamente diminuita e che Venezuela è il terzo paese della sua regione per tasso di alfabetizzazione. L’istruzione è gratuita dall’asilo nido all’università; il 72% dei bambini frequenta un asilo pubblico e l’85% dei ragazzi in età scolare frequenta la scuola. Ci sono migliaia di scuole rimesse a nuovo, tra le quali 10 nuove università. Il paese è al secondo posto in America Latina, e il quinto in scala mondiale, per numero di studenti universitari. E’ infatti vero che 1 venezuelano su 3 è iscritto ad un programma educativo o percorso di studi. E’ inoltre un gran risultato che il Venezuela sia oggi, al pari della Norvegia, il quinto paese al mondo dal punto di vista della felicità della popolazione.
Prima del governo Chavez nel 1998, il 21% della popolazione era denutrita. Il Venezuela ha ora istituito una rete di distribuzione alimentare assistita comprensiva di alimentari e supermercati. Mentre nel 1980 il 90% del cibo era importato, ora le importazioni sono meno del 30%. Misión Agro-Venezuela ha concesso 454.238 prestiti a produttori agricoli e 39.000 di essi hanno ricevuto un prestito solo nel 2012. 5 milioni di venezuelani ricevono cibo gratuito, 4 milioni di essi sono bambini nelle scuole e 6.000 cucine sfamano 900.000 persone. La riforma agraria e le politiche di sostegno rivolte ai produttori agricoli hanno migliorato la catena di distribuzione alimentare domestica. I risultati di tutte le misure adottate in materia di sicurezza alimentare sono un tasso di malnutrizione pari solo al 5% e la denutrizione infantile che è scesa dal 7,7% nel 1990 al 2,9% di oggi. Sotto tutti i punti di vista questo è un notevole risultato per la sanità.
L’economia del Venezuela è caratterizzata da un debito basso, ampie riserve petrolifere e risparmi elevati, e nonostante questo gli economisti occidentali che contestano Chavez ripetono sino alla nausea che l’economia del Venezuela non è “sostenibile” e ne preannunciano il collasso non appena i ricavi derivati dal petrolio cesseranno. Ironicamente essi non preannunciano invece tale sorte ad altre economie basate sul petrolio quali il Canada o l’Arabia Saudita. Ignorano forse per convenienza che la riserva petrolifera del Venezuela, pari a 500 miliardi di barili, sia tra le maggiori al mondo e considerano l’investimento sociale dei ricavi derivati dal petrolio uno spreco o un futile sforzo. In ogni caso negli ultimi 13 anni il governo bolivariano ha costruito un sistema industriale e agricolo senza pari nei 40 anni di governi precedenti e la sua economia si va rafforzando anche sullo scenario di una crisi finanziaria globale.
Uno dei fattori che indica una crescente diversificazione dell’economia è il fatto che lo stato oggi ricava tanto dalle tasse quanto dal petrolio grazie al consolidamento della capacità di riscuotere le tasse e di ridistribuire la ricchezza. In un solo decennio, lo stato ha riscosso USD 251,694 milioni di tasse, più delle entrate annue derivate dal petrolio. Alcuni dei più importanti dati in campo economico sono l’abbassamento della disoccupazione dall’11,3% al 7,7%; le persone che godono dei benefici di un’assicurazione socio-sanitaria sono raddoppiate, il debito pubblico, che era del 20,7% del PIL è ora al 14,3%, le economie indigene locali hanno beneficiato della diffusione delle cooperative. In un quadro più generale, l’economia del Venezuela è cresciuta del 47,4% in 10 anni, ovvero del 4,3% all’anno.
Secondo il Global Finance e il World Factbook della CIA, il Venezuela presenta i seguenti indicatori economici.[x]: tasso di disoccupazione dell’ 8%; debito pubblico pari al 45,5% del PIL (mentre quello dell’Unione Europea è dell’82,5%); una vera crescita del PIL: il reddito pro-capite è di USD 13.070. Nel 2011 l’economia del Venezuela ha superato ogni aspettativa con una crescita del 4,2% ed ha raggiunto il 5,6% nella prima metà del 2012. Il rapporto tra PIL e debito è al di sotto di quello di Stati Uniti e Regno Unito, meglio dei paesi europei; l’inflazione, problema endemico per molti decenni, è in calo da quattro anni, con un tasso del 13,7% nell’ultimo trimestre del 2012. Anche il The Wall Street Journal sostiene che il mercato azionistico del Venezuela, che ha raggiunto un picco storico ad ottobre 2012, è il migliore al mondo, e i titoli del Venezuela sono considerati tra i più redditizi dei mercati emergenti.
Il cambiamento progressivo nella regione ha fatto sì che sorgessero infrastrutture per un Sud America davvero indipendente con organizzazioni di integrazione politica come la Banca del Sud, CELAC, ALBA, PETROSUR, PETROCARIBE, UNASUR, MERCOSUR, TELESUR dimostrando così al resto del mondo che, dopo tutto, ci sono ancora alternative sociali ed economiche nel ventunesimo secolo [xiii] . I livelli del debito in America Latina, seguendo modelli di sviluppo diversi da quelli del capitalismo globale, in netto contrasto con l’Europa, stanno diminuendo.
Con questi inconfutabili dati risultano ridicole e faziose le critiche che dal mondo occidentale si scagliano contro il neo-socialismo bolivariano. Tra 30 giorni ci saranno nuove elezioni, ma il risultato sembra scontato, l’impronta di Chavez non verrà cancellata dall’ingerenza occidentale, al contrario le riforme socialiste subiranno un nuovo impulso che farà da traino a quei paesi latino americani avviati ormai verso un cammino socialista che sta illuminando il futuro di una nuova luce di libertà e benessere.
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