Sembra incredibile ascoltare queste parole, sembrano uscire dalla bocca di un alieno totalmente estraneo alla realtà di chi vive in un paese dove il salario medio è 15-18 CUC al mese e dove un litro di latte costa più di 1 CUC e un paio di jeans scadenti più 20 CUC.
Castro ha così
dichiarato: “Fino a quando non aumenteremo la produzione e la produttività,
iniziando da quei settori che stanno nelle nostre possibilità, che si possono
incrementare, come la produzione di alimenti, per poter risparmiare milioni di
dollari nelle importazioni, non si potranno aumentare i salari. Gli stessi
medici guadagnano molto poco, però questo vale per tutti. Viviamo e manteniamo
la rivoluzione da più di mezzo secolo, questa è la grande prodezza del popolo
cubano.”
Il presidente dice
di essere consapevole dei problemi e delle “molte difficoltà” che affrontano i
cubani, ma ha insistito nel dire che la cosa più importante in questo momento è
la produzione di beni materiali.
Come si può stimolare un popolo ad aumentare
una produttività statale con dei salari miserabili che non consentono la minima
sopravvivenza basica, è un paradosso che il leader cubano non sembra voler comprendere.
“Dobbiamo continuare
con il ritmo che noi stessi decidiamo, senza fretta, ma senza tregua, poco a
poco.”
Quella battaglia
economica che è diventata una bandiera del suo mandato presidenziale, che ha
stimolato la creazione di piccole imprese private per “attualizzare” il modello
socialista, sembra sempre più una chimera irraggiungibile e soprattutto una strada impraticabile.
Le attività in proprio stentano a decollare a causa dell’incapacità, o della mancanza di volontà, di organizzare un sistema di distribuzione all’ingrosso che renda queste
attività una realtà economica concreta. Le nuove leggi tributarie aumentano la
pressione verso queste attività rendendo ancora più difficile il loro sviluppo
reale.
Voler mantenere l’impresa
statale come la “forma principale di economia nazionale” senza provvedere ad un
incremento della qualità economica della vita degli stessi lavoratori statali è
tanto assurdo quanto contraddittorio.
Nonostante i recenti viaggi in quei paesi
socialisti che negli ultimi trent’anni sono diventati realtà economiche globali grazie all'abbandono del controllo statale sulle imprese private, non sembra aver insegnato nulla all’anziano presidente, il quale resta
incastrato in retoriche ideologie che mantengono Cuba stoicamente ancorata ad
una roccia di sabbia che si sgretola ogni giorno di più.
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