di Pablo Pacheco dal blog Voz tras las rejas
Il mondo in cui viviamo non può essere visto come una goccia d'acqua in un cristallo. E men che meno in bianco e nero. Se aspiriamo a essere leali con gli altri, dobbiamo necessariamente vedere le sfumature della vita. Inoltre ci dicono che l'onestà comincia da noi stessi, altrimenti non troveremo giustizia.
Il mondo di oggi è diventato globale, inevitabilmente. A mio parere personale, per il bene dell'umanità. Prima che le autorità cubane mi portassero in prigione per motivi di coscienza, mi sono chiesto più e più volte perché alcuni prigionieri politici possono lamentarsi della realtà delle carceri cubane e altri meno.
Ora che sto al loro posto, ho trovato la chiave per capire: in questi 6 anni e 4 mesi di prigionia, molti di noi denunciano sistematicamente violazioni dei diritti umani, e per quello che so oggi, due dei miei fratelli hanno potuto scrivere le loro memorie in due libri.
Naturalmente non possiamo avere tutti la stessa capacità intellettuale. Se vogliamo essere obiettivi e pratici dobbiamo analizzare l'importanza di scrivere delle crudeltà nelle carceri di Cuba e di non essere dei tipi privilegiati che vedono la situazione dal punto di vista più realistico possibile.
Credo che per poter criticare bisogna guadagnarsene il diritto. Non tutte le prigioni sono uguali e non riesco a capire perché la comunità internazionale considerala la situazione a Cuba quasi un paradiso. Solo noi prigionieri politici, in particolare quelli della causa dei 75, sappiamo cosa vuol dire vivere, se si può chiamare vita, in celle di isolamento, sotterrati per 18 mesi, le visite ogni 3 mesi, rapporti coniugali ogni 5. Vale a dire, facciamo l'amore con nostra moglie 2 volte l'anno.
Scatole di 30 libbre. Senza telefono.
Due assistenze religiose in quasi due anni. Sopportare le urla dei condannati a morte.
A questo aggiungete che abbiamo dovuto imparare a vivere nella giungla insieme a delinquenti comuni condannati per violenza sessuale, omicidio, il peggio della società cubana.
Sono sicuro che nessuno di noi sarà più la stessa persona. E non è debolezza. È passato del tempo e siamo forti come una roccia. Ma veramente, non saremo più le stesse persone.
Ora ho il mio blog, dove racconto tutto come ho sempre detto.
Se qualcuno pensa che le carceri cubane siano un Olimpo, allora che mi perdoni: devono dare del colluttorio al loro cervello.
Ci sono giorni che ho scritto la storia di un prigioniero comune, con l'ulcera che mi scoppiava e i reni che non mi facevano alzare dal letto. Eppure continuo, in avanti. Non sapendo se lascerò questa tomba di uomini vivi.
La mia unica speranza è sapere che sono in carcere a causa delle mie idee e per voler essere un uomo libero.
Quindi ne vale la pena.
Pablo Pacheco dalla prigione di Canaleta, Cuba.
Il mondo in cui viviamo non può essere visto come una goccia d'acqua in un cristallo. E men che meno in bianco e nero. Se aspiriamo a essere leali con gli altri, dobbiamo necessariamente vedere le sfumature della vita. Inoltre ci dicono che l'onestà comincia da noi stessi, altrimenti non troveremo giustizia.
Il mondo di oggi è diventato globale, inevitabilmente. A mio parere personale, per il bene dell'umanità. Prima che le autorità cubane mi portassero in prigione per motivi di coscienza, mi sono chiesto più e più volte perché alcuni prigionieri politici possono lamentarsi della realtà delle carceri cubane e altri meno.
Ora che sto al loro posto, ho trovato la chiave per capire: in questi 6 anni e 4 mesi di prigionia, molti di noi denunciano sistematicamente violazioni dei diritti umani, e per quello che so oggi, due dei miei fratelli hanno potuto scrivere le loro memorie in due libri.
Naturalmente non possiamo avere tutti la stessa capacità intellettuale. Se vogliamo essere obiettivi e pratici dobbiamo analizzare l'importanza di scrivere delle crudeltà nelle carceri di Cuba e di non essere dei tipi privilegiati che vedono la situazione dal punto di vista più realistico possibile.
Credo che per poter criticare bisogna guadagnarsene il diritto. Non tutte le prigioni sono uguali e non riesco a capire perché la comunità internazionale considerala la situazione a Cuba quasi un paradiso. Solo noi prigionieri politici, in particolare quelli della causa dei 75, sappiamo cosa vuol dire vivere, se si può chiamare vita, in celle di isolamento, sotterrati per 18 mesi, le visite ogni 3 mesi, rapporti coniugali ogni 5. Vale a dire, facciamo l'amore con nostra moglie 2 volte l'anno.
Scatole di 30 libbre. Senza telefono.
Due assistenze religiose in quasi due anni. Sopportare le urla dei condannati a morte.
A questo aggiungete che abbiamo dovuto imparare a vivere nella giungla insieme a delinquenti comuni condannati per violenza sessuale, omicidio, il peggio della società cubana.
Sono sicuro che nessuno di noi sarà più la stessa persona. E non è debolezza. È passato del tempo e siamo forti come una roccia. Ma veramente, non saremo più le stesse persone.
Ora ho il mio blog, dove racconto tutto come ho sempre detto.
Se qualcuno pensa che le carceri cubane siano un Olimpo, allora che mi perdoni: devono dare del colluttorio al loro cervello.
Ci sono giorni che ho scritto la storia di un prigioniero comune, con l'ulcera che mi scoppiava e i reni che non mi facevano alzare dal letto. Eppure continuo, in avanti. Non sapendo se lascerò questa tomba di uomini vivi.
La mia unica speranza è sapere che sono in carcere a causa delle mie idee e per voler essere un uomo libero.
Quindi ne vale la pena.
Pablo Pacheco dalla prigione di Canaleta, Cuba.
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