31 agosto 2009

La politica di Cuba: "Paz sin fronteras", alcune cose che Juanes deve sapere

Ecco alcune cose che Juanes dovrà considerare quando, e se, terrà il concerto all'Havana.
Da Miriam Celaya autrice del blog sinEVAsion, una visione da Cuba di quello che sarà l'evento così contraddittorio "Paz sin Fronteras", ecco un estratto dal suo post:

Quello che Juanes (e altri) deve sapere

[...] Juanes non è più un semplice "musicista" per i cubani, soprattutto per quelli in esilio, da quando ha deciso di fare un concerto sull'isola maledetta, e gli sarà assegnata niente poco di meno che il luogo più simbolico della decadente rivoluzione cubana.

Tanti toni e tante sfumature sono stati usati su questo argomento, quindi, anche se io sono una di quelle persone che approvano la sua esibizione in Cuba come un fattore positivo per rompere l'isolamento culturale e per costruire un ponte tra i cubani in clausura e il mondo esterno, mi limiterò a chiarire a Juanes alcune peculiarità che saranno usate per "adattare" il suo concerto a l'Avana, e che sicuramente non ha mai ncontrato in nessuno scenario della sua carriera artistica.
Questi aspetti sono:

- Gli spazi più vicini al palco su cui si esibirà non saranno occupati dai suoi ammiratori più caldi, ma dal contingente dei giovani dell'Università di Scienze Informatiche, i militanti comunisti di tutte le scuole, gli studenti delle scuole del Ministero dell'Interno, la Scuola Latinoamericana di Medicina, vale a dire, tutti in qualche modo coinvolti con questo governo, per impedire così qualsiasi iniziativa civica dei manifestanti ( "contro-rivoluzionari" come veniamo chiamati) che, se fossero troppo vicini allo scenario, potrebbe essere captata e diffusa attraverso i media.

- La piazza intera sarà controllata dalle forze di repressione, non per vigilare l'ordine, ma per impedire manifestazioni non autorizzate indesiderabili o slogan (alcuni semplici come "Libertà", per esempio) e di qualsiasi altra parola che esca fuori spontaneamente dalla conformità della folla.

- Sicuramente, anche se l'artista ha dichiarato che non si tratta di un atto politico, potrà vedere, oltre al volto accigliato del gigante del Che di fronte al monumento all'Apostolo, numerosi manifesti di "riaffermazione rivoluzionaria", con lodi al comandante e immagini allegoriche.
Qualcuno(i) dei suoi ospiti, previo l'orientamento guida dell'alto comando, introdurranno i canti del rituale di Castro-comunista o qualche lacrimevole snack occasionale ( "Dedico questa canzone ai cinque fratelli ingiustamente incarcerati ..." ecc.) Non c'è dubbio: politicizzeranno lo spettacolo.

In breve, è certo che l'arte può essere uno strumento efficace per la pace, per unire le menti e i sogni, rompendo steccati ideologici, per cullare una speranza.
È anche vero che i cubani, un pubblico straordinariamente caldo e affettuoso, meritano alcune attività ricreative, ma non si deve sopravvalutare l'effetto del concerto: se, infine il 20 settembre si concretizzarà l'esibizione di Juanes a l'Avana, le autorità lo useranno per "dimostrare" l'adesione dei giovani alla rivoluzione, i disobbedienti che oseranno manifestare saranno repressi, come è accaduto recentemente nel corso di una presentazione di Pablo Milanes, e tutto sarà come prima.
Resta da vedere, poi, se Juanes avrà abbastanza equilibrio e padronanza della scena per far fronte a questi demoni senza contaminarsi. Auguri a Juanes, con tutta sincerità.

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