15 novembre 2012

Musica cubana: il reggaeton non ne ha la colpa

Lo scorso sabato 10 Novembre a Ciego de Avila si è tenuto un concerto di musicisti tradizionali cubani, alcuni dei quali conosciuti a livello nazionale. All’improvviso un nutrito gruppo di ragazzi ha irrotto nell’anfiteatro dove si teneva il concerto inneggiando al “reggaeton”, pretendendo che si suonasse la loro musica e si sono scagliati contro il pubblico, gli artisti e i tecnici provocando una rissa che ha causato alcuni feriti e ingenti danni alle strumentazioni musicali e all’impianto luci.

L’episodio ha generato una forte reazione da parte delle autorità, sul sito Cubarte si condanna duramente il triste avvenimento, chiedendo a gran voce che i responsabili siano duramente puniti, ma non solo, ad essere colpevolizzato è il reggaeton stesso, accusato di inneggiare a valori futili e superficiali. Già nell’occhio del ciclone da qualche mese, questo genere musicale è sempre più nel mirino della censura cubana. E’ stato definito volgare, machista, lo specchio della cattiva gioventù. E’ stata perfino intimata la sua censura ufficiale.

A me il reggaeton piace. E’ una musica spensierata, divertente, ballabile, dà carica, riempie d’energia, è provocante e divertente, usa i doppi sensi come nella migliore tradizione della musica cubana. Sono molti infatti i salseri che nei loro testi usano metafore provocanti, sessualmente ambigue, ma sempre nel limite del buon gusto. Alcuni pezzi di reggaeton forse esagerano un pò troppo, sono esageratamente espliciti e a volte cadono sì nella volgarità. Ma fare di tutto il genere musicale il responsabile della superficialità, venialità, stupidità di quei giovani che trasformano in violenza le loro pretese, è fuori luogo e ingiusto.

Semmai è il comportamento di quei giovani violenti sul quale bisogna puntare l’attenzione. Come in tutti i paesi al mondo, una parte delle giovani generazioni è apatica, superficiale, disinteressata, attratta da valori facili: sesso, denaro, bella vita e in alcuni casi violenza. Questo è il nocciolo del mela marcia. Accusare un genere musicale, scagliarsi come inquisitori contro il reggaeton, chiedere la censura di un’espressione artistica, non risolve minimamente il problema, anzi lo aggrava esponenzialmente, causando se possibile prima di tutto la creazione di uno spazio clandestino dove continuerà ad essere ascoltato e nel quale prolifererà tra i giovani, ma ancor peggio stimolerà un’insolenza maggiore verso le autorità in generale, facendo regredire agli anni delle proibizioni sonore degli anni ‘70/’90, dai Beatles a Willy Chirino e Celia Cruz.

Queste espressioni di stupida intolleranza marcano semplicemente il passo dei tempi in cui viviamo. Solo dall’educazione alla civiltà e il rispetto si possono correggere certi comportamenti anti sociali, cha vanno certamente puniti, ma che non possono alimentare la xenofobia verso una semplice forma d’espressione artistica. 

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