Lo scorso sabato 10 Novembre a Ciego de Avila si è tenuto
un concerto di musicisti tradizionali cubani, alcuni dei quali conosciuti a
livello nazionale. All’improvviso un nutrito gruppo di ragazzi ha irrotto nell’anfiteatro
dove si teneva il concerto inneggiando al “reggaeton”, pretendendo che si
suonasse la loro musica e si sono scagliati contro il pubblico, gli artisti e i
tecnici provocando una rissa che ha causato alcuni feriti e ingenti danni alle
strumentazioni musicali e all’impianto luci.
L’episodio ha generato una forte reazione da parte delle
autorità, sul sito Cubarte si condanna duramente il triste avvenimento, chiedendo
a gran voce che i responsabili siano duramente puniti, ma non solo, ad essere
colpevolizzato è il reggaeton stesso, accusato di inneggiare a valori futili e
superficiali. Già nell’occhio del ciclone da qualche mese, questo genere
musicale è sempre più nel mirino della censura cubana. E’ stato definito
volgare, machista, lo specchio della cattiva gioventù. E’ stata perfino intimata
la sua censura ufficiale.
A me il reggaeton piace. E’ una musica spensierata,
divertente, ballabile, dà carica, riempie d’energia, è provocante e divertente,
usa i doppi sensi come nella migliore tradizione della musica cubana. Sono
molti infatti i salseri che nei loro testi usano metafore provocanti,
sessualmente ambigue, ma sempre nel limite del buon gusto. Alcuni pezzi di reggaeton
forse esagerano un pò troppo, sono esageratamente espliciti e a volte cadono sì nella
volgarità. Ma fare di tutto il genere musicale il responsabile della
superficialità, venialità, stupidità di quei giovani che trasformano in
violenza le loro pretese, è fuori luogo e ingiusto.
Semmai è il comportamento di quei giovani violenti sul
quale bisogna puntare l’attenzione. Come in tutti i paesi al mondo, una parte
delle giovani generazioni è apatica, superficiale, disinteressata, attratta da
valori facili: sesso, denaro, bella vita e in alcuni casi violenza. Questo è il
nocciolo del mela marcia. Accusare un genere musicale, scagliarsi come
inquisitori contro il reggaeton, chiedere la censura di un’espressione
artistica, non risolve minimamente il problema, anzi lo aggrava
esponenzialmente, causando se possibile prima di tutto la creazione di uno spazio
clandestino dove continuerà ad essere ascoltato e nel quale prolifererà tra i
giovani, ma ancor peggio stimolerà un’insolenza maggiore verso le autorità in
generale, facendo regredire agli anni delle proibizioni sonore degli anni ‘70/’90,
dai Beatles a Willy Chirino e Celia Cruz.
Queste espressioni di stupida intolleranza marcano
semplicemente il passo dei tempi in cui viviamo. Solo dall’educazione alla
civiltà e il rispetto si possono correggere certi comportamenti anti sociali,
cha vanno certamente puniti, ma che non possono alimentare la xenofobia verso
una semplice forma d’espressione artistica.
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