Nel
precedente post ho scritto delle affermazioni della dottoressa Anabel Cardenas
pubblicate sul blog Cambios en Cuba, la quale affermava di aver visitato Martha
Beatriz Roque e di dubitare del suo effettivo sciopero della fame, in quanto le
sue condizioni fisiche non mostravano segni di sofferenza dovuti ad un atto
così estremo.
La
reazione dei dissidenti che accompagnano la Roque non si sono fatte aspettare.
Diario de Cuba pubblica una dichiarazione di Yanez Contreras, che assiste i sei
dissidenti che nell’abitazione della Roque stanno digiunando, la quale afferma che “in
nessun momento i medici hanno visitato la dissidente cubana. Sono venuti alla
casa, dopo aver inizialmente rifiutato, a visitare altri membri che stanno
digiunando insieme alla Roque, ma Martha è rimasta chiusa nella sua stanza e si
è rifiutata di farsi assistere”.
Altri
due attivisti sono stati visitati e una di loro è stata trasportata all’ospedale.
Secondo la Contreras è assolutamente falsa la notizia divulgata dal blog
filo-governativo.
Comunque
stiano le cose stiamo assistendo ad una drammatica “cyber-novela” mediatica da
ambo le parti.
Lo
sciopero della fame intrapreso dai dissidenti, che nel frattempo sono diventati
26, non ha nessuno scopo se non quello di attirare l’attenzione su una
situazione sociale che è già ben conosciuta all’estero e che non necessita di ulteriori
drammatiche manifestazioni.
Certo
un atto così estremo ha proprio questo obiettivo, suscitare indignazione nell’opinione
pubblica affinché si prenda coscienza di una determinata situazione che non si
riesce a denunciare in altro modo.
Ma
per quanto possa essere tragico, un atto così estremo non porterà a nessun
risultato pratico.
Di certo le autorità cubane non accetteranno le richieste
dei dissidenti, per quanto possano essere giustificate. Inoltre l’opinione
pubblica internazionale è a conoscenza da anni della realtà degli oppositori
sull’isola e non ha dimostrato di poter fare pressione sul governo cubano
affinché cambi le sue posizioni in merito.
L’unico
risultato nel caso si arrivasse all’estremo sacrificio dei dissidenti sarà
quello di creare dei martiri per una causa che non ha bisogno di altre morti,
ma di un lavoro continuo per sensibilizzare maggiormente la popolazione cubana
piuttosto che cercare sterili consensi globali.
Nessun commento:
Posta un commento