18 agosto 2009

Repressione a Cuba: Panfilo non è come Gorki?

Dal 4 Agosto scorso, "Panfilo", Juan Gonzalez Marcos, 48 anni, è in carcere. Accusato di "pericolosità sociale preventiva", la stessa accusa sollevata a Gorki Aguila, alcuni mesi fa.

Allora molti blogger, sia dentro che fuori l'isola (io tra quelli) , hanno diffuso la notizia, creando una solidarietà internazionale che, probabilmente, ha permessso a Gorki di evitare il carcere.
E' stato una grande momento, la dimostrazione che singoli individui, dentro e fuori Cuba, sanno, denunciano, sostengono chi sull'isola "parla", "grida" delle ingiustizie e delle sofferenze della vita quotidiana.

"Panfilo" è un "forte bevitore", alcoolico, borracho, 'mbriacone, ma ha detto la sola verità che oggi esiste a Cuba: "LA FAME".
Il resto: dibattiti, convegni, cambiamenti, politiche sociali, stanno a zero. "JAMA!".
Questo è l'ultimo grido di aiuto. Anche se da un borracho.

Ora, mi chiedo perchè la notizia dell'arresto di "Panfilo" e la sua condanna a due anni di carcere accusato di "pericolosità sociale preventiva", non sia così interessante per la blogosfera cubana come quella di Gorki.

Sono poche le notizie, e soprattutto, le manifestazioni di solidarietà, che molti artisti e intellettuali (cubani e non) residenti fuori dall'isola hanno dimostrato per Gorki (senza tra l'altro avere i molti casi la minima conoscienza di chi fosse), che divulgano e denunciano l'arbitrario arresto di Panfilo.

Forse Gorki è considerato un artista perchè grida in un microfono quello che Panfilo dice in strada?
Oppure Gorki è un "bravo ragazzo", non beve, non fa uso di droghe, non trasgredisce?

Cos'è l'arte se non la forza, con ogni mezzo possibile, di denunciare ingiustizie, esaltare equità, anticipare e stimolare un cambiamento là dove non c'è giustizia sociale!

Panfilo, è un artista, diretto, vero, che dà un pugno nello stomaco allo "status quo", alla normalità, soggiogata dal potere, della maggioranza del popolo cubano.
E' un ubriacone? Si!
Dice la verità? Si!
Allora non si deve ignorare ipocritamente, non si può liquidare con la frase: "è un borracho", "è un alcolizzato!"
Per chi con onestà si ribella a qualunque forma di arbitraria repressione, dobbiamo avere la coerenza di gridare:
PANFILO LIBERO!

1 commento:

Anonimo ha detto...

Un uomo di nome Panfilo



Me lo dice sempre mia madre che uno di questi giorni succederà anche a me se non la smetto con questo vizio di scrivere.

“Hanno messo dentro un ubriacone, uno che non faceva niente, non lavorava da dieci anni…” protesta mio padre.

Il vecchio è sempre pronto a difendere chi ci governa, pure se la condanna viene da un processo a porte chiuse e l’accusa non cambia mai: pericolosità sociale preventiva.

“Non capisco mica. Ti arrestano se pensano che puoi essere pericoloso?”

“No. Vuol dire che arrestano individui con caratteristiche tali da rappresentare un pericolo”.

“E io non ho detto la stessa cosa?”

Mi sa di no. Sono le sfumature che mi fregano…

Lascio stare mio padre, tanto non lo convinco. Tra me e lui sono passate troppe generazioni e io me la dico meglio con la Y, pure se porto un nome come Alejandro. Ho fatto trent’anni da poco, per me la Sierra sta sulle pagine dei libri ma la realtà brucia sulla pelle.

Il vero nome di Panfilo è Juan Carlos Gonzalez Marcos, quarantotto anni portati maluccio, ora come ora disoccupato, ex macchinista nella flotta navale di pescatori cubani e subito dopo nelle Truppe Speciali del Ministero degli Interni. Per bere beve, c’è poco da fare, ma mica fa discorsi da ubriaco, per quelli bastano Speedy Gonzales e il compare Meo Porcello. Panfilo dice quello che pensiamo tutti, ma diventa famoso per come lo dice. Interrompe il reportage sul reggaeton di America TeVe canale 41, che trasmette da Miami, non dovrebbe arrivare a Cuba, ma un sacco di gente la vede. Misteri di un’isola dove tutto è vietato ma si trova sempre il modo di fare. Panfilo grida: “Quello che manca è la roba da mangiare!”. No, non sono parole da ubriaco, pure se barcolla dalla quantità di rum che s’è bevuto, magari fatto in casa, cispes de trén, spaccabudella infame.

Panfilo diventa una star. Mi dicono gli amici che in qualche modo frequentano la rete, che il suo numero da ballerino ubriaco si trova su tutti i siti che parlano di Cuba. C’è chi ha fatto un montaggio con Raúl mentre afferma: “Quello che manca è la roba da mangiare!”, solo che dal microfono esce la voce di Panfilo. Panfilo è una star del reggaeton, balla con stile da ubriaco, ma sono le parole che contano, mica la musica e i movimenti osceni…

La televisione di Miami lo trasforma in un personaggio e questo mica lo voleva, povero Panfilo, ché subito l’accusano d’essere stato pagato e magari fosse vero, così saprebbe cosa mangiare, invece ha avuto il coraggio di dire ciò che sussurriamo tutti, il famoso coraggio da pinta di rum. Panfilo se lo sono arrestato dopo l’intervista, proprio dopo un balletto a base di reggaeton eseguito sul Malecón, ubriaco perso, mentre gridava che era in pericolo, che aveva fame, che a Cuba non c’è niente da mangiare e lui temeva l’arrivo della polizia. E la polizia è arrivata il 4 agosto, puntuale come una cambiale in scadenza, se lo sono portato in galera e l’hanno processato a porte chiuse. Due anni di prigione, s’è beccato il povero Panfilo, per pericolosità sociale preventiva, lui è meno famoso di Gorky, non se l’è cavata a buon mercato.

E io sono qui che ascolto mia madre, leggo Yoani Sánchez di nascosto, ripeto a mente frasi di Martí. Essere ubriachi per essere liberi, suonerebbe proprio bene, quasi meglio dell’originale, ma adesso forse non è così vero. Neppure la follia ti salva dalla galera.


Alejandro Torreguitart Ruiz

L’Avana, 14 agosto 2009

Traduzione di Gordiano Lupi

www.infol.it/lupi