03 agosto 2009

La politica di Cuba: "No, we can't"

Il recente discorso del 26 Luglio, giorno dell'anniversario dell'attacco alla caserma Moncada di Santiago di Cuba nel 1953, è stato tenuto da Raul Castro a Holguin. Oramai Fidel dà sempre più sporadiche notizie, non si sa nulla della sua salute, l'ultima "riflessione" sul quotidiano cubano "Granma" risale al 24 Luglio, tra l'altro sembra che scrivano le "riflessioni" per lui, non appare in persona da molto tempo.

Nel discorso è apparsa ancora più profonda la vuotezza del presente regime cubano. Nessun piano a medio o lungo termine, nessuna proposta per rispondere alla drammatica situazione economica dell'isola.
A Cuba mancano sia luce che acqua, i salari mensili, pagati in pesos cubani, sono fermi nel migliore dei casi a circa 400 pesos , equivalenti a 20 dollari convertibili, CUC.
Soldi che si spendono in un attimo solo per comprare beni di prima necessità nei supermercati dove si può acquistare solo in CUC.
Quello che il governo passa alle famiglie con la cosiddetta "libreta", consiste in pane, riso, zucchero, uova, fagioli, raramente pesce, pollo o carne di manzo, che sono sufficienti a mala pena per una settimana.

Di seguito traduco un estratto dal post relativo al discorso di Raul di una blogger cubana, Miriam Celaya, autrice del blog SinEVAsion che insieme ad altri blogger dell'isola, tra i quali Yoani Sanchez, pubblica periodicamente "racconti quotidiani" dall'isola.
Il link del post è: http://www.desdecuba.com/sin_evasion/?p=385

Raul: Yes, we can?

Forse perchè abituta al consueto mutismo del presidente cubano, Raul Castro, e dato che non ho sacrificato il mio sonno per ascoltarlo la mattina del 26 Luglio, lunedì 27 h appena ricevuto il quotidiano Granma, ho cercato senza troppe aspettative il suo discorso del giorno prima, sperando di trovare qualche informazione ufficiale sullo stato dell'economia, qualche indizio delle prospettive a medio e lungo termine o semplicemente un compromesso o qualche novità, per quanto banale potesse essere.
Cinquantacinue paragrafi di parole che non hanno detto assolutamente nulla, riassumono la realtà inconfutabile: il Governo cubano non ha niente da dire. La buona notizia è che almeno non si preoccupa più di fingere.

Così per essere conforme con le nuove forze politiche internazionali, il generale dichiara "Sì, se puede!", però non specifica che cosa, come, quando e dove.
Sembra che a Cuba sia la politica che l'economia siano segreti di Stato, questioni che si risolgono tra i sommi sacerdoti del culto comunista e a quelli ai quali permettono di accedere.
Il Consiglio dei Ministri "analizzerà il secondo piano che prevede una serie di costi che si dovranno affrontare nel piano di quest'anno"; anche se nessun cubano comune conosce le cifre del piano originale e quale è stato l'esito del "primo piano"; La cupola del Comitato Centrale sarà impegnata ad "approfondire" in tempo record (un giorno) le "questioni di vitale importanza relazionate alla situazione nazionale e internazionale"; mentre da pate sua, l'Assemblea Nazionale discuterà il progetto di legge del Controllore Generale della Repubblica, altro prospetto di controllare l'incontrollabile.

Forse la novità di questo discorso è stata quella di astenersi dal citare "l'impero e il suo governo" [gli USA n.d.t], un vero mistero, tenendo conto della affermata tradizione di incolparlo per ogni nostro male passato, presente e futuro, così come l'intenzione dei media di considerarlo parte di un complotto negli eventi dell'Honduras. Tale silenzio si può interpretare in due cose contrapposte: accettazione o cospirazione.

Apparentemente, la cosa più importante della giornata, almeno per l'oratore, è stato lo zelo di un organizzatore Holguinero nel "sistemare il sole" dietro le spalle del generale e davanti agli occhi del pubblico, motivo per cui il popolo non "poteva vedere" che l'ombra del presidente.
Come se qualche volta avesse smesso di essere preciamente questo: un' ombra.

Personalmente non perdono gli organizzatori dell'evento, che avendo il potere di sistemare il sole in qualunque posizione a loro piaccia, non applichino lo stesso dono per risolvere problemi che affliggono l'isola, mettere le cose giuste al posto giusto.

Senza il motto "Patria o Morte" di un tempo, senza il "Socialismo o Morte" introdotto dal fratello maggiore nella retorica rivoluzionaria dell'ultimo decennio del secolo scorso, il presidente Raul ha concluso il discorso, lasciandoci ancora una volta immersi nella massima incertezza.
Sicuramente lo slogan per Cuba, oggi come ieri, continua ad essere "No, non possiamo".

1 commento:

GaviotaZalas ha detto...

sono d'accordo con Miriam la buona notizia e che "non fingono piu" e gente continua dare viva pare non capiscano nulla!!

El milagro de la luz llegará en tanto continuan a con LA Sombra..
Saluti da Vicenza