07 maggio 2008

Il meccanismo elettorale e il cambiamento a Cuba

cuba.jpgSu Rebelión sono comparsi molti articoli di analisi e proposta in riferimento alle prospettive della Rivoluzione cubana. Traduciamo per primo questo che si riallaccia alla tematica del meccanismo elettorale cubano di cui già ci siamo occupati (vedi il numero 21 di Senzasoste e altri articoli sul sito). Come si vede, mentre in Italia si discute del “porcellum”, a Cuba c’è un dibattito estremamente interessante e vivace su come rendere ancora più democratico il modello socialista del Paese (n. d. t.).


Lo scorso 20 gennaio il 96,89% degli elettori cubani si è recato alle urne per eleggere i delegati alle Assemblee Provinciali e i deputati all’Assemblea Nazionale del Potere Popolare. Di questi il 95,24% ha votato per uno, alcuni o tutti i candidati, mentre il 3,73% non ha votato per nessuno e solo l’1,04% ha deciso di annullare il proprio voto, generalmente tracciando qualche scarabocchio o riga nella scheda elettorale, qualche slogan o semplicemente scrivendo NO da qualche parte. Ci sarà sempre qualcuno che ritiene tutto questo il risultato di un broglio elettorale ma prevalgono gli “osservatori” stranieri che sono stati nei seggi e hanno constatato la trasparenza della procedura (vedere in argomento gli articoli di Pascual Serrano fra gli altri autori su Rebelión).

Con questi numeri è impossibile parlare di mancanza di sostegno della maggioranza del popolo cubano alla Revolución, cosa che non può non essere messa in evidenza in un momento in cui, nonostante la continua aggressione dell’Impero, vengono analizzati i risultati di un meccanismo di Assemblee popolari dove milioni di compatrioti hanno espresso dure critiche e hanno reclamato cambiamenti istituzionali strutturali, provvedimenti e normative da parte del governo rivoluzionario, che hanno molto a che vedere con le carenze e le difficoltà della vita quotidiana del cubano.

D’altro canto sarebbe ingenuo pensare che davvero il 91% che hanno espresso il “voto unito” lo abbiano fatto per una reale coscienza. In alcuni casi questa scelta è stata semplicemente la più facile, ossia quella che richiedeva minor interesse e riflessione sul meccanismo; per altri è possibile che ci fosse un certo timore di successive “ritorsioni”, conosciute nel gergo popolare come “renderti la vita uno yogurt” e generalmente non cessano pressioni o piccoli intrighi da parte di alcuni dirigenti dei CDR o delle strutture lavorative, anche se a volte questo comporta la necessità di cercare qualche altro errore in cui si sia incorsi per giustificare delle sanzioni, ecc. Si noti che data la grande quantità di normative e di mancanze, la probabilità che un qualsiasi cubano abbia commesso qualche errore è piuttosto alta (cosa che certamente contrasta con la percentuale piuttosto bassa di segnalazioni e sanzioni nei Comitati di Base della UJC e nelle cellule del PCC).

In generale credo che nessun meccanismo elettorale possa essere catalogato come perfetto. In questo senso difendo il diritto di ogni popolo ad applicare il sistema elettorale più adeguato alla sua forma di governo, senza che vengano meno naturalmente i principi etici, morali e anche legali che permettano ai risultati di un’elezione di rispecchiare i desideri reali degli elettori, ossia del popolo. Questo è fondamentale in un meccanismo come quello cubano, dove si vuole che sia proprio il popolo a scegliere i suoi candidati e ad eleggere i suoi rappresentanti nelle diverse istanze.

Non mi dilungherò a spiegare le particolarità che rendono il nostro sistema elettorale unico in quanto a partecipazione popolare e pari opportunità di essere eletti anche per coloro che non hanno esperienza di direzione politica o di lavoro di massa. La democrazia è palpabile a livello di quartiere. D’altro canto ci sono alcuni punti che ritengo si possano e si debbano studiare per migliorare questo meccanismo in modo che diventi più democratico e che assicuri vera libertà all’elettore nelle sue scelte. Alcuni di questi punti sono relativi ad aspetti modificabili della legislazione e per altri forse si tratta solo della forma in cui vengono attuati.

  1. Campagna elettorale?

E’ innegabile che in meccanismi come quello nordamericano le campagne elettorali diventano strumento di inganno e manipolazione dell’opinione pubblica e in molte altre latitudini la demagogia è la chiave del successo. E’ molto più sensato fidarsi di cosa hanno fatto i candidati piuttosto che di quello che dicono che faranno. D’altro canto anche quest’ultima cosa non può essere ignorata per esprimere un voto cosciente.

A Cuba i delegati di quartiere in realtà possono risolvere pochi dei problemi che vengono portati nelle assemblee ma sfortunatamente sono loro quelli che mettono la faccia di fronte al popolo anche quando (coscientemente o no) ripetono giustificazioni o bugie sfacciate dei dirigenti di altri livelli o capi di imprese statali che sarebbero coinvolti nelle possibili soluzioni. In questo senso si sente la mancanza di delegati con una certa capacità di scontrarsi con la burocrazia e con queste bugie e manipolazioni che generalmente si mostrano come la versione ufficiale, e scontrarsi con tutto questo può essere etichettato come indisciplina o peggio ancora come un comportamento controrivoluzionario. Molti cubani potrebbero parlare dell’atteggiamento rassegnato e passivo dei loro dirigenti ai livelli più bassi, che rispondono unicamente a indicazioni “dall’alto” e che arrivano anche a criticare i loro stessi elettori pur di non cercare di capire questi criteri.

Così, prima di votare, è importante sapere cosa sono capaci di fare i delegati, fino a che punto sacrificherebbero la loro immagine personale per difendere i loro elettori e risolvere i loro problemi. Attualmente si rendono pubbliche solo le biografie dei candidati dove si riportano le responsabilità amministrative, politiche o [nelle organizzazioni] di massa che hanno avuto, ma di rado si offre una valutazione del loro operato. Più in generale mi pare che valga il detto equivalente al famoso “l’abito non fa il monaco”, che sarebbe come dire “i meriti (solamente) non fanno il buon rappresentante”.

Come dicevo, non sostengo l’utilizzo di campagne elettorali in stile nordamericano, ma qualche loro utile surrogato, come assemblee con gli elettori prima della votazione per scambiarsi idee sui problemi della comunità e le loro possibili soluzioni.

Per eleggere i delegati e i deputati ai livelli superiori la cosa è più complessa, ma ne parliamo dopo..

  1. Voto in bianco

Se un cittadino cubano dopo aver conosciuto la biografia dei suoi candidati a delegati alle Assemblee Provinciali e a Deputati all’Assemblea Nazionale, e inoltre (sulla base del punto precedente) essersi informato debitamente sulle loro capacità reali, conclude che nessuno ha le caratteristiche necessarie, non può esprimere la sua opinione attraverso il voto. Logicamente, può non votare per nessuno dei nomi sulla scheda, cosa che rispecchierebbe la sua decisione. Tuttavia questa scheda bianca non è attualmente considerata una scheda valida e pertanto non viene conteggiata per decidere se un candidato è eletto o no.

Quando si dice che il candidato per essere eletto necessita di più del 50% dei voti validi, si tralascia di conteggiare quelle schede dove non ha ricevuto il voto solo perché nessun altro lo ha ricevuto. Di conseguenza un calcolo più accurato per l’approvazione di un candidato da parte dei suoi elettori dovrebbe dividere il numero dei voti ricevuti sul totale delle schede non nulle (ossia quelli attualmente definiti voti validi più le schede bianche).

Questo in un certo modo è simile a quando sentiamo dire che in altri sistemi elettorali un candidato ha vinto con il 50% dei voti, mentre c’è un’astensione di più del 40% degli elettori, ragion per cui la sua approvazione effettiva poggia solo su meno del 30% del corpo elettorale.

Qui vale la pena di rilevare che in tutte le elezioni realizzate a Cuba con questo sistema la percentuale di voti bianchi e dell’astensionismo è stata inferiore al 5%, per cui se rifacessimo i calcoli considerando i voti bianchi non cambierebbe nessuno dei risultati ottenuti finora. Comunque il fatto che si ignorino in modo ingiustificato i voti bianchi potrebbe essere modificato nelle prossime elezioni per dare più credibilità ai loro risultati..

  1. Candidature chiuse

L’elezione dei delegati alle Assemblee Provinciali e dei deputati all’Assemblea Nazionale avviene mediante candidature chiuse. La candidatura chiusa significa che si sottopone a votazione un numero di persone pari ai seggi esistenti, in modo che gli elettori possano scegliere se ogni candidato occuperà o no il suo posto. Questo comporta due problemi, uno pratico e l’altro concettuale. Il primo è che nel caso che qualche candidato non godesse del favore degli elettori, l’Assemblea corrispondente rimarrebbe con un posto vuoto, cosa che implicherebbe una minore forza lavorativa. Il secondo consiste nel fatto che questo tipo di candidature limita la capacità di elezione, ossia di far valere la propria opinione da parte degli elettori. Inoltre potrebbe favorire l’imposizione di certe candidature che sarebbero votate magari per il timore di non aver alcun rappresentante. Ritengo che sia più appropriato che gli elettori scelgano, in una scheda con una maggiore quantità di candidati rispetto ai posti da ricoprire, quelli che secondo loro rappresentano di più i loro interessi.

  1. Assemblea Nazionale

A Cuba più della metà dei candidati all’Assemblea Nazionale sono persone già elette a livelli inferiori e in parte proposti dal popolo. Mentre l’altro (quasi) 50% è proposto dalle commissioni per le candidature come forma di garanzia della rappresentatività di settori sociali come artisti, sportivi, scienziati, ecc, così come delle organizzazioni politiche e di massa, inclusi funzionari governativi. Questi arrivano sulla scheda di municipi e distretti con i quali hanno rapporti piuttosto scarsi (per non dire, in certe occasioni, nulli) per essere votati da cittadini la maggioranza dei quali probabilmente non appartiene al settore del candidato.

Come abbiamo analizzato nel punto 1 è molto difficile per l’elettore arrivare ad un voto cosciente per candidati che non conosce. Inoltre i risultati delle elezioni in queste circostanze sarebbero molto poco affidabili quanto al reale contributo dei candidati eletti ai loro elettori e quel che è peggio il voto così espresso non aiuta a creare la necessaria identificazione dell’elettore con il suo rappresentante e non impegna a dare il rispetto e il sostegno fondamentali per una buona gestione.

In questo senso una scelta potrebbe sicuramente essere quella di far proporre ed eleggere questi candidati tra i lavoratori dei diversi settori, in modo che questi scelgano i propri rappresentanti all’Assemblea Nazionale. Questo si ricollega ai punti precedenti, dato che sono proprio questi lavoratori i più informati sui meriti, le capacità e le caratteristiche dei possibili candidati, così da garantire che i deputati siano conosciuti dai loro elettori e al tempo stesso si possa scegliere tra varie opzioni, ossia senza candidatura chiusa.

Per esempio, nel settore della scienza molti dei deputati sono direttori di centri scientifici che svolgono il loro lavoro con impegno e abnegazione nella capitale, ma rappresentano elettori di Municipi di Province come Villa Clara, Santi Spiritus e Ciego de Ávila. Inoltre il loro lavoro come deputati si riduce molte volte a partecipare alle commissioni di lavoro del loro settore, in modo che non sempre possono rispondere ai problemi del municipio; ma non esiste neanche un meccanismo di rendicontazione dell’attività ai lavoratori del settore.

La possibilità di eleggere i rappresentanti di ogni settore da parte dei lavoratori del settore stesso comporta una relazione di impegno nella quale i primi difendano nell’Assemblea Nazionale gli interessi e le opinioni dei secondi, e al tempo stesso questi ultimi siano più vicini alle strategie nazionali di sviluppo e produzione di quel settore che dipende direttamente dal loro sforzo cosciente.

Infine considero importante riflettere su aspetti che sono legati più alla forma di governo e alle strategie politiche che ai dispositivi legali che configurano il sistema elettorale cubano.

Nell’ultima sessione dell’Assemblea Nazionale nell’anno 2007 [vedi sezione traduzioni del sito di Sebnzasoste, n. d. t.] Raúl si è dimostrato all’altezza dei tempi che corrono dando priorità all’analisi delle questioni interne a partire dalle opinioni dei cubani, prima ancora (anche se non al di sopra) dei fattori esterni, derivati in maggior parte dal blocco dell’imperialismo e dall’attuale crisi economica mondiale. Come ha ricordato Fidel il 17 Novembre 2005, la nostra preoccupazione più grande rispetto alla sopravvivenza della Revolución consiste nei problemi interni, fra i quali la corruzione, ma anche la capacità del popolo di continuare a resistere e sacrificarsi in questa lotta. Non si può dimenticare né sottovalutare la minaccia imperiale e dei suoi lacché, ma la grande quantità di opinioni critiche e la chiara domanda di cambiamento nei sistemi interni da parte dei cubani rivoluzionari fanno della necessità di affrontare e rispondere a queste un tema fondamentale.

In questo senso il voto unito potrebbe non essere la strategia più adeguata per far sentire al popolo che lo si ascolta e dargli anche la possibilità di scegliere davvero coloro che possono risolvere i problemi. Indipendentemente dal fatto che il voto unito sia sostenuto da una campagna elettorale mediatica, comprese visite nelle case degli elettori, cosa che può arrivare anche a produrre un effetto di rifiuto, questo non invita alla riflessione né alla valutazione cosciente dei cittadini, aggiungendosi alle ragioni, come la mancata conoscenza dei candidati, che portano a dare il voto senza impegnarsi, che è pericolosissimo se si interpreta come sostegno alla Revolución.

In accordo con il discorso di Raúl nell’Assemblea Nazionale, sarebbe più serio considerare prioritario il vero dibattito, l’analisi e la selezione cosciente di rappresentanti del popolo con le migliori caratteristiche per affrontare la soluzione dei problemi esposti recentemente, prima ancora della possibilità di dare un’immagine di unità con un voto unito che, come abbiamo detto, oltre a non essere affidabile in tutte le sue dimensioni, non impegna l’elettore nella sua successiva difesa, perché sente di votare per soddisfare indirizzi generali che stanno al di sopra dei suoi.

D’altra parte, nonostante si conosca l’intenso lavoro che viene svolto dalle commissioni dell’Assemblea Nazionale e i dibattiti che ogni sei mesi si tengono in merito ai suoi argomenti di lavoro, il clima delle sessioni plenarie di queste assemblee è un consenso silenzioso e noioso su tutto che pochissime volte si è visto interrotto da eccezioni degne ma irrilevanti per il risultato finale. Naturalmente lo spirito poco formale, pratico e vivace di Fidel e Raúl evita sempre che tutto sia inutile, ma questo non toglie che nonostante il rispetto e il prestigio della direzione storica della rivoluzione, i deputati dovrebbero fare uso dei loro diritti per esprimere opinioni divergenti, opzioni, alternative che diano vita e diversità all’assunzione di decisioni importanti.

E’ ben noto che i nemici della rivoluzione utilizzano l’argomento dell’assenza di multipartitismo per contestare la democrazia cubana. Molti compatrioti con una certa logica matematica sostengono che se ci fossero differenti approcci e progetti su come portare avanti la nostra società sarebbe più probabile trovare il riflesso di interessi personali. D’altro canto dimenticano che il fatto di aver scelto solo uno tra molti progetti implica di aver risposto a una parte molto più piccola del popolo. Credo che l’unità di principi e ideologia sia molto difficile nelle grandi masse, ma è una premessa fondamentale per ottenere una società più giusta, che risponda alla grande maggioranza del popolo e pertanto più democratica.

Il nostro sistema a partito unico deve e può essere più democratico di qualsiasi altro, ma comunque lo sviluppo dialettico del nostro progetto socialista deve basarsi (come ogni sviluppo) sulla diversità di opinioni, opzioni e punti di vista per andare avanti. Nel corso della storia, da Lenin fino al nostro Raúl, molti sono stati i leader teorici e pratici che hanno riconosciuto la validità del dibattito aperto, sincero e delle divergenze come base per trovare le soluzioni migliori. Pertanto, è deludente vedere le sessioni dell’Assemblea Nazionale prive di divergenze, proposte e analisi di alternative diverse, a meno che queste vengano direttamente dall’alta direzione, per non dire che solo Fidel e Raúl hanno questa prerogativa.

Ora che uno di loro è convalescente e a tutti noi si mostra con chiarezza la legge naturale della vita per quella generazione, cresce il timore tra i cubani al pensiero che un’Assemblea senza di loro non sia capace di discutere diverse variabili e soluzioni per i problemi, a meno che non si deleghi (consapevolmente o inconsapevolmente) qualcuno che abbia queste prerogative. Sfortunatamente è chiaro che nessuno avrà il prestigio morale e l’esperienza per assolvere questo compito come loro, per cui qualsiasi sostituzione di questo tipo può portare a gravi errori.

Il prossimo 24 febbraio verrà eletto il nuovo Consiglio di Stato e ovviamente questo ha una grande importanza per il popolo cubano che vuole andare avanti con la Revolución, rafforzando il suo sentimento di giustizia sociale e correggendo errori e strutture burocratiche che spingano in direzione contraria. Dopo quasi 50 anni con lo stesso leader alla guida e di fronte al suo inevitabile allontanamento dalla direzione attiva del Paese, è molto importante che ci sia grande serietà nella proposta e nella scelta della persona che dovrà occupare questa carica per i prossimi 5 anni.

Molti pensano che Fidel possa continuare nel suo ruolo di leader, ma in realtà pochissimi conoscono il vero stato di salute del comandante. E’ comprensibile che sia un segreto di Stato, ma in questo momento non può più essere un segreto per i nuovi deputati all’Assemblea Nazionale, che hanno bisogno di tutta l’informazione possibile per un’approfondita valutazione dei possibili candidati ai più alti posti di direzione. Di fronte all’insieme della situazione sarebbe saggio che non esistesse un semplice consenso del 100% dei deputati sulla proposta iniziale e che il popolo almeno sappia che c’è stato un dibattito vero e con alternative e diverse valutazioni su questo tema.

Non c’è dubbio che il popolo ama e continuerà ad amare il nostro Comandante in Capo e, conoscendo la sua disponibilità ad essere conseguente con il suo pensiero fino alla fine, non si debba costringerlo a occupare una carica di responsabilità che lui stesso non accetterebbe se dovesse assolverla da un ufficio, senza visitare scuole, fabbriche, ospedali, senza inaugurare alcuna nuova opera, senza stare nei luoghi colpiti da disastri naturali o fare nottata al Centro Previsioni. C’è da avere rispetto per una vita intera dedicata alla Revolución e al popolo cubano e gli si deve dare lo spazio che merita per continuare a contribuire e a sostenerci dalla sua trincea, cosa che sarebbe utilissima per le nuove generazioni che dirigeranno il Paese.

di Eduardo Martínez Montes su Rebelión

Traduzione dallo spagnolo per Senzasoste di Andrea Grillo



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