03 dicembre 2012

Cuba e Italia: il progetto criminale che sta distruggendo l'Europa e l'alternativa futura di un nuovo modello cubano (6a parte)

Vedo dai post più letti che continuate a seguire il discorso, grazie per la pazienza. E’ un po’ lungo, ma non riesco a sintetizzarlo più di così. Riassumo velocemente le parti precedenti. Negli anni ’30 le elite iniziano a pianificare la riconquista globale economica dei mercati. Con poche idee mirate, diffuse con determinata costanza, finanziate in selezionate strutture post-universitarie e diffuse tramite rivoluzionarie tecniche massmediatiche. Nascono le Fondazioni, si diffondono la “Cultura della visibilità” e l’”Esistenza commerciale”, per creare miti e modelli fittizi. Con la prima, attraverso gli acquisti compulsivi e superflui della seconda, si riesce a insinuare nelle masse il virus della “perdita dell’autostima”, generando cittadini apatici, anestetizzati, distolti dalla partecipazione sociale attiva. Il primo obiettivo delle elite è realizzato. Relegati gli individui ai margini della società, sferrano l’attacco agli Stati sovrani diffondendo i germi del “debito pubblico” e dell’”inflazione”. 


L’analisi che espongo di seguito è liberamente tratta dal programma di ME-MMT (Mosler Economics-Modern Money Theory) e dal libro di Paolo Barnard “Il più grande crimine”

In realtà il debito pubblico non esiste, uno Stato con moneta sovrana può immettere nel mercato il denaro che meglio crede, investendo nei cittadini, nelle imprese che così possono aumentare la produttività della nazione. Si possono così creare benessere, infrastrutture, garanzie sociali. In sostanza il “deficit positivo” dello Stato è la ricchezza dei cittadini. Allo stesso modo l’inflazione è un falso pericolo, l’aumento della produttività ne controlla la diffusione sfrenata, inoltre le tasse possono limitarne l’aumento illimitato. Ma il piano delle elite riesce a diffondere l’isteria collettiva del “deficit negativo”, del debito degli Stati che deve essere risanato con quello che oggi è diventato il dogma economico più popolare: il “pareggio di bilancio”. Si ribalta così il principio più naturale per il benessere di una società. Per creare produttività lo Stato deve emettere denaro, stampare moneta, raggiungere la piena occupazione, deve spendere prima per creare benessere sociale poi. Ma il germe del deficit si sta rapidamente diffondendo: lo Stato è come la famiglia prima deve risparmiare poi può spendere! I governi iniziano così a rincorre il pareggio del debito pubblico affidandosi ai tagli: ai salari, agli investimenti sociali, alla ricerca e sviluppo, alle infrastrutture e cosa ancor più grave, inizia a ricorrere alle “privatizzazioni”. La cessione ai privati del controllo della produzione statale: energia, strade, comunicazioni, etc. La cosa più sconvolgente è che tutto questo è stato avviato non da un despota rappresentante delle stesse elite, ma dalle “sinistre”. Già, proprio così, in Europa i due Stati dove nel dopoguerra si stavano sviluppando società relativamente benestanti, d’impronta socialista, erano la Francia e l’Italia. Mitterand in Francia fu il principale sostenitore dei principi Neoliberisti più estremi e in Italia personaggi provenienti dalla sinistra hanno fatto lo stesso. I vari Prodi, Ciampi, Amato hanno dato il via alle privatizzazioni selvagge, ai tagli sociali e sono Stati gli artefici dell’accelerazione delle conquiste Neoclassiche, Neomercantili e Neoliberiste con la creazione dell’Unione Europea e della moneta unica, l’Euro. 


Ecco che se prima gli Stati sovrani potevano autonomamente generare ricchezza stampando moneta e aumentando la produttività, con l’Unione Europea non solo non possiedono una moneta sovrana, non solo la devono chiedere in prestito alla BCE pagando gli interessi a una banca privata, ma sono addirittura soggetti a leggi sovranazionali dettate dalla Commissione Europea, gruppo di tecnocrati auto insediatisi, non eletti dai cittadini, che con trattati unilaterali determinano di fatto le leggi nazionali che devono sottostare a quei trattati. La realizzazione del progetto delle elite è ultimata. Gli Stati sono stati annientati, gli è stata tolta la moneta, la possibilità di legiferare in modo incisivo per il benessere dei cittadini e sono costretti a rincorrere un pareggio di bilancio per colmare un deficit impossibile da sanare (lo dimostra il fatto che ogni anno aumenta a livello esponenziale). I cittadini sono costretti così a subirne le conseguenze: salari miserabili, tagli sociali, disoccupazione e precarietà. I principi fondamentali di una società moderna e civile: Stati, Leggi e cittadini sono stati cancellati. 

MA CHI CI GUADAGNA? 

La domanda fondamentale è proprio questa: se le società occidentali sono obbligate a intraprendere un cammino di sacrifici e rinunce, se diventano più povere, se la produttività diminuisce, chi ci guadagna? Stati più poveri non possono spendere, i consumi diminuiscono, la qualità della vita è mortificata. E allora, ripeto, chi ci guadagna? Risposta scontata, le elite finanziarie e i grandi industriali. Per loro una mano d’opera a basso costo, lavoratori precari e mal pagati accettano qualunque cosa per sopravvivere, significa possibilità di colonizzare nuovi mercati con prezzi competitivi. Ma soprattutto a loro non interessa investire a lungo termine, non hanno scopi sociali, loro badano al risultato immediato, loro “scommettono” sulle economie e sul loro andamento. Potendolo condizionare poi scommettono sul sicuro! 

LE BOLLE FINANZIARIE 

Quando una società è spremuta fino all’osso, i cittadini perdono potere d’acquisto, in poche parole quando una società diventa più povera, l’unica cosa che può fare per sopravvivere è prendere soldi in prestito. Quindi aziende e cittadini sono costretti a fare debiti per non morire. Ma se milioni di individui e imprese fanno debiti, i creditori, cioè i detentori di immensi capitali, cioè le elite finanziarie incrementano esponenzialmente il loro potere economico. La tentazione di sfruttare al massimo questa situazione indotta è irrefrenabile, così si inventarono i “prodotti finanziari” tanto astrusi quanto incomprensibili, si iniziarono a vendere i “debiti” scommettendo sui futuri interessi, si concessero crediti a chiunque ne facesse richiesta. La crisi immobiliare USA, che si estese in Europa anche se in modo minore, ne fu il risultato più conosciuto. L’azzardo in questo caso era dato dal fatto che la massificata concessione dei mutui a individui e aziende, prevedeva la possibilità che alcuni di questi debitori non potessero garantire la solvibilità del credito. Le finanziarie quindi vendevano “pacchetti di debiti” rischiando su chi avrebbe pagato e chi no. L’economista MMT Randall Wray commenta: “Fecero a gara per selezionare i prodotti più rischiosi e rivenderli verniciandoli da investimenti sicuri, scommesse su mutui ad alto rischio dove vince a seconda dei casi chi indovina se il debitore pagherà o no… Per ogni dollaro reale nel sistema ce n’erano almeno 5 fittizi e immense quantità di altro denaro inventato nei prodotti derivati… Ma impacchettarono anche carte di credito, degli studenti, di chiunque.” 

La frenesia divenne follia collettiva, anche i piccoli risparmiatori si fecero prendere dall’ingordigia di facili e rapidi guadagni speculativi. Tanto successo lievitò il prezzo di questi prodotti, generando un’inflazione dei beni finanziari. Tale inflazione, irreale, basata su numeri e non beni, esplose e causò la rovina di imprese e singoli individui a beneficio di pochi furbetti ed esperti, inventori del sistema stesso, alcuni di questi furono: Goldman Sachs, JP Morgan, Morgan Stanley, Bank of America, Barclays Capital, Credit Suisse, Deutsche Bank, UBS, HSBC, BNP Paribas, ING, Banco Santander, e pochi altri. 

Riassumendo uno dei dogmi delle elite Neoclassiche, Neomercantili e Neoliberiste, cioè il “pareggio di bilancio” fu sfruttato per portare intere società in difficoltà economiche. Aziende e individui si indebitarono provocando l’arricchimento smisurato di pochi speculatori. Le economie nazionali crollarono, la diminuzione della produttività penalizzò lo sviluppo. I governi devono quindi a loro volta ricorrere a spese generando un “deficit negativo” per salvare il salvabile e cosa ancora più paradossale per salvare quelle banche che hanno causato la crisi globale che viviamo, perché altrimenti il loro fallimento ci danneggerebbe in modo irrefrenabile e disastroso, a tutti noi singoli cittadini. 

LA DEFLAZIONE ECONOMICA IMPOSTA 

Al dogma dell’isteria del deficit si aggiungono altri tre dogmi fondamentali del piano Neoclassico, Neomercantile e Neoliberista: 1. Evitare la piena occupazione per evitare l’inflazione. 2. Abbassare gli stipendi per creare occupazione. 3. Creare una moneta non sovrana, di nessuno (L’Euro), che tutti dovranno chiedere in prestito. 
Ora immaginiamo una società di una nazione sovrana con una propria moneta nazionale. La società è composta dall’insieme delle aziende private e dei cittadini che la compongono. Al di fuori restano lo Stato e il suo settore pubblico. Ora, se all’interno della società circola una certa quantità di denaro (diciamo 100) questo si sposta da una tasca all’altra senza alterarne la quantità totale. Qualcuno compra altri vendono, il denaro cambia proprietario ma il totale è sempre 100. Il mercato è stagnante. Per generare ricchezza nuova bisogna che si immetta del denaro “nuovo” nella società. Questo può avvenire in due modi: lo Stato stampando moneta mette in circolo denaro al netto, spendendo più di quanto ricava con le tasse comprando beni e servizi dalla società; oppure la società vende all’estero i suoi beni e servizi. Quindi nuovo denaro nella società si ottiene o con un “deficit positivo” dello Stato o con l’export. Tra i due però l’export è il più instabile, imprevedibile, può apparire sempre un’altra nazione che offre gli stessi beni e servizi a minor prezzo. Ma se il denaro è immesso dallo Stato e viene diretto ad acquistare quei beni e servizi dalla società, aumenterà la produttività, le aziende si arricchiscono, gli stipendi aumentano così come i nuovi investimenti, e così via, aumenta la ricchezza della società come insieme. Ne beneficiano tutti. 

Supponiamo ora che lo Stato non immetta più denaro nella società perché terrorizzato dal fantasma del deficit rincorre il pareggio di bilancio (badate bene “fantasma”, perché in realtà lo Stato sovrano stampandosi la moneta non è in debito con nessuno, non deve pareggiare niente!). A questo punto per recuperare denaro aumenta la tassazione più di quanto investa. Quindi le aziende producono meno, assumono meno lavoratori, i risparmi delle famiglie diminuiscono, si spende di meno, cala la richiesta interna e l’economia ne soffre. Ecco che i principi dei Neoliberisti vengono visti come l’unica possibilità di salvezza. Si tagliano gli stipendi per risparmiare e aumentare l’occupazione, evitando però la piena occupazione per controllare l’inflazione, addirittura si privano i governi della capacità di spendere (quello che succede attualmente nell’Eurozona). Ovviamente tutto questo impoverisce ulteriormente le società e i governi, la spirale porta ad una diminuzione della produzione, aumenta la disoccupazione, i governi spendono di più (cassa integrazione e ammortizzatori sociali e salvataggi delle banche) e così via. Inoltre di conseguenza il PIL diminuisce, l’affidabilità economica delle nazione diminuisce, le “agenzie di rating” (quelle che emettono le pagelle economiche) si spaventano e penalizzano le nazioni in crisi. A questo punto i governi dovranno tagliare sempre più i costi sociali, gli stipendi pubblici, i servizi ne vengono penalizzati e la produzione retrocede ulteriormente, la spirale aumenta vertiginosamente, ecco che si espande la Deflazione Economica Imposta.

La classe politica dovendo tappare i buchi si appella alla solidarietà civile dei propri cittadini, chiedendo ulteriori sacrifici per “salvarli” da un’economia disastrosa. Di nuovo un grande vantaggio per le elite Neoclassiche, Neomercantili e Neoliberiste: si creano enormi fasce di lavoratori precari e sotto pagati disposti ad accettare qualsiasi condizione imposta dall’austerità. Quindi si produrrà a costi inferiori beneficiando l’export nei mercati in via di sviluppo, aumenta la mobilità dei mercati incrementando i guadagni delle elite. La previsione di Francois Perroux di 70 anni prima si avvera: “Il futuro garantirà la supremazia alle nazioni che imporranno la povertà che genera super profitti e quindi accumulo.” 

fine sesta parte

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