02 ottobre 2012

Cuba e Italia: Reiver potrebbe trovarsi all'Havana interrogato dalla polizia

Reiver Laborde Rico
Sua madre non lo sente da venerdì. Cioè dal giorno dell’intervista rilasciata ai cronisti italiani, piombati a casa sua, a Camaguey, con block-notes e telecamere. Stop alle telefonate intercontinentali, dunque. E, forse, fine anche della latitanza. Il sospetto che Reiver Laborde Rico, il 24enne cubano accusato con la sorella Lisandra del duplice omicidio dei coniugi Burgato, potesse essere finito nelle mani della polizia cubana, ieri, è diventato più che un’ipotesi.
A partire dal pomeriggio, voci sempre più insistenti provenienti dall’isola caraibica lo davano già sotto interrogatorio all’Avana. Una possibilità che gli stessi investigatori friulani non hanno affatto escluso, benchè le procedure per l’emissione del doppio mandato di cattura europeo e internazionale non siano state ancora completate.

A imprimere una svolta decisiva al caso, insomma, potrebbero essere proprio quelle stesse autorità locali, sulle quali finora l’Italia non aveva potuto fare grande affidamento, non esistendo tra i due Paesi alcun accordo internazionale in materia di estradizione e, tanto meno, di assistenza giudiziaria. Se la notizia del trasfeimento di “Tyson” nella capitale fosse confermata, significherebbe che la polizia dell’Avana ha deciso di attivarsi di propria iniziativa.
Un primo contatto tra l’Interpol cubana e quella italiana, in realtà, c’era già stato pochi giorni dopo il fermo di Lisandra, con l’invio da Udine dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere, debitamente tradotta in lingua spagnola, che il gip Paolo Lauteri aveva in seguito emesso anche nei confronti del fratello. Provvedimento evidentemente ritenuto sufficiente per procedere con la cattura o, quanto meno, con gli accertamenti in loco sulle presunte responsabilità del connazionale.

“Rey” era partito per Cuba, dove abitano la compagna e i loro due figli, il 30 agosto. Lisandra, che invece era rimasta in provincia di Salerno, dove entrambi si erano recati il 19 agosto, poche ore dopo il delitto di Lignano, era stata raggiunta dai carabinieri il 17 settembre. La notizia era subito rimbalzata sulla stampa locale, provocando la reazione sdegnata dei loro stessi connazionali. Eppure, del caso la polizia cubana non si era mai occupata. Mai, fino alla svolta di venerdì.
Difficile, allora, non immaginare un collegamento tra l’arrivo sull’isola dei cronisti italiani, il loro fermo con tanto di sequestro di passaporti e distruzione delle immagini girate a casa dell’indagato e l’operazione con la quale la polizia avrebbe prelevato e scortato fino in caserma quello stesso indagato, per interrogarlo. Una mossa sicuramente apprezzabile e utile ai fini della chiusura delle indagini coordinate dalla Procura di Udine e che potrebbe trovare spiegazione nella ricerca da parte delle autorità cubane di un’occasione di collaborazione con il governo e la diplomazia italiani. Un modo, insomma, per lanciare un segnale di amicizia o per rinfrancarsi, dopo il fuoco di fila di polemiche scatenato dal trattamento riservato ai colleghi giornalisti.

Fino a pochi giorni fa, la madre dei due indagati, Emilia Sandra Rico, si era detta pronta a partire per Cuba. Obiettivo: convincere il figlio maggiore a costituirsi. Un consiglio dettato dal cuore: meglio finire sotto processo in Italia - gli aveva più volte ripetuto al telefono - che non nelle mani della polizia cubana. Dove, in caso di condanna per omicidio, fino alla sospensione intervenuta in occasione della visita del Papa, vigeva ancora la pena di morte. Da venerdì, però, anche lei non ha più notizie del suo “Rey”. Nulla esclude che il giovane, sentitosi braccato, abbia optato per la fuga, cercando rifugio in qualche altra località cubana.

Arrestato o no, sul destino di “Tyson” resta un grosso punto interrogativo. All’eventuale atto di polizia di questi giorni, infatti, dovrebbe seguire un provvedimento di natura giudiziaria: un mandato di cattura europeo e un altro internazionale, emessi dal gip di Udine e, soltanto il primo, avallato pure dal nulla osta ministeriale. Ma poi, una volta in cella, le rispettive diplomazie dovrebbero lavorare a un accordo “ad hoc” per la consegna all’Italia del ricercato.

«Reiver Laborde Rico ha diritto a un giusto processo. Fino a che non c’è una sentenza irrevocabile di condanna, per me non è colpevole e come tale lo difenderò». L’avvocato Laura Luzzato Guerrini, difensore d’ufficio di “Tyson”, è perentoria. Quanto alle dichiarazioni di innocenza rilasciate nell’intervista al “Messaggero Veneto”, il legale non esclude possano essere veritiere. «Un indagato - ha detto - ha diritto di dire tutto e il contrario di tutto quel che vuole».

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