20 agosto 2012

Vivere a Cuba: siamo tutte perdenti (dialogando con le mie amiche ballerine)


E il tipo? A Guanajuato (in Messico), Menganita? Nel balletto di Boston, Ciclano? Con Maurice Bejart (famoso coreografo), Zutanito? Ha aperto una scuola a Miami, Esperanceja? Non le è andata molto bene, dà lezioni di danza a Barcellona… 
Questo è successo, passando il giorno con cinque mie amiche, ex ballerine del Balletto Nazionale di Cuba, due di loro di sicuro, nella lunga lista di chi sta “fuori”.

Non hanno dovuto chudersi la porta alle spalle, a differenza dgli estranei al settore culturale. 
I medici continuano ad essere penalizzati se abbandonano il paese e le punizioni aumentano e si estendono alla famiglia se “disertano” un viaggio di lavoro all’estero. 
Così come i professori universitari, i militari e i dirigenti di medio livello, devono aspettare cinque anni per svincolarsi dalla loro passata attività e dopo richiedere il permesso al Ministero del settore se vogliono viaggiare per ragioni personali.

Tornando alla conversazione con le mie amiche (ricordate che il micromondo riflette il macromondo), chi con più chi con meno successo nessuno dei ballerini dei quali ho domandato ha pensato di tornare, quando la nostalgia per la patria diventa troppo pesante mettono un disco di Maria Teresa Vera o dei Van Van e il fine settimana fanno baldoria con carne di maiale e fagioli neri.

“Si perdono molte cose”, dice una mia amica, protestando da vent’anni del clima di Madrid, “manca la famiglia, il quartiere, gli amici, alcuni luoghi, è molto duro”. 
La figlia della mia amica, che se ne è andata da bambina, ha studiato là da dirigente, ha la casa e la propria automobile, preferisce passare le vacanze a San Pietroburgo, sua mamma vorrebbe convincerla a venire a Varadero, ma lei preferisce la Maldive. 
Faccio notare alla mia amica che se fosse restata a Cuba, sua figlia vivrebbe con lei, combatterebbe con il trasporto urbano e conoscerebbe le Maldive grazie alle foto di una rivista. Così si ricompone e annuisce. 
Elogio la sua forma fisica e le domando se ha “fatto qualcosa” (lifting, botulino, liposuzione, qualcosa). Niente di tutto questo. Dieta organica e attenzione alla pelle a causa del clima secco. Mi specifica che usa la crema ‘Mercadona’, ma per i risultati, sicuramente migliori, è imbarazzata con me che dimostro l’età che ho.

“Se ti metti a pensare siamo delle perdenti. Abbiamo dovuto lasciare tutto alle spalle e cominciare di nuovo, ho dovuto lottare contro il disprezzo di molti, adesso non è così, ma quando me ne sono andata sì. E per molto che io voglia, niente è più lo stesso. Il passato è passato” mi dice convinta.

Io credo di capirla, perché la nostalgia, perdere le proprie radici è molto forte, perché tutti dicono che il cibo non ha lo stesso sapore, che il cielo non ha lo stesso colore e cose così. 
Non ho queste sensazioni, le mie carenze spirituali sono di altro tipo.

“Tutte siamo perdenti, solo che a te si nota di meno”, le dico sorridendo.

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