Qualunque
cubano è consapevole che quello che si pubblica sulla nostra stampa risponde
allo Stato, ma anche se risponde ai nostri interessi, non risponde alle
necessità informative di un popolo.
Un fenomeno così radicato che nonostante il presidente del paese lo critichi apertamente, è cambiato poco negli ultimi anni.
Un fenomeno così radicato che nonostante il presidente del paese lo critichi apertamente, è cambiato poco negli ultimi anni.
E’
una questione molto pericolosa, perché mette in dubbio la credibilità degli
organi di stampa, ma anche dello stesso progetto politico che cerchiamo di
costruire, in questo modo mentre molti funzionari di partito e direttori dei media dell’informazione continuano ad enunciare quale sarà la “pappa
informativa” che possiamo consumare, si apprestano a distruggere la rivoluzione
poco a poco, alcuni per ignoranza o incapacità, altri per garantirsi un litro
di benzina e le solite vacanze con la famiglia alla spiaggia senza cercare “problemi”.
E’
curioso che il partito che abbiamo selezionato per rappresentarci, sia così
selettivo nell’informazione che pubblica sui suoi media.
Sono
passati più di 80 anni da quando colui che probabilmente è stato il miglior
politico rivoluzionario del continente nel secolo scorso si riferiva al
fenomeno della censura ufficiale.
Anche se il contesto è differente e nel nostro
caso chi gestisce i media è lo Stato e non la polizia, leggiamo le parole di JoséCarlos Mariàtegui (nella foto):
“Se
le notizie e le idee che si consente di divulgare nei giornali sono subordinate
al criterio della polizia, la stampa si converte in un comunicato della
polizia.
In
queste condizioni, la dignità della funzione del giornalismo risulta attaccata
e mortificata”.
di Harold Càrdenas Lema
di Harold Càrdenas Lema
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