21 febbraio 2011

Riflessioni su Cuba: il valore più grande è stimolare un cambio dall'isola e non abbattere il regime per strada

E' dal 1° Maggio 2008 che La Isla Grande ha preso vita. L'impulso che mi ha spinto ad aprire questo blog fù un'intervista a Yoani Sanchez che vidi su Italia1 nel programma " le iene".
Io Cuba la frequentavo già dal 1998, conoscevo bene la vita reale dell'isola, ma quell'intervista mi ha subito stimolato nel voler creare un ponte virtuale con Cuba per descrivere la realtà dell'isola con uno sguardo disincantato, vero, con quei problemi e contraddizioni che, ancora oggi, fanno di Cuba un paese dove vivere normalmente "non è facile", dove le più semplici e basilari necessità sono un "obiettivo" per le quale ogni giorno si deve lottare.

A volte non è solo il denaro rendere possibile poter comprare cose per noi banali: olio, patate, latte, burro, prodotti per l'igiene personale, indumenti intimi, etc. spesso questi beni sono difficili da trovare.
Senza considerare che i salari sono ridicoli, la dualità monetaria rende impossibile poter accedere per il cubano comune a molti di questi beni di prima necessità.
Inoltre l'impossibilità di spostarsi dentro e fuori l'isola, il controllo ferreo su ogni forma di di libera espressione, la difficoltà di connettersi a internet, tutto questo rende Cuba una patria che oltre alle spiagge, il rum, i sigari e l'allegria dei cubani, rende sopravvivere una conquista quotidiana.

Da allora il blog e il mio pensiero, il mio modo di scrivere, sono evoluti. I problemi che mi hanno spinto a voler divulgare in Italia qella realtà sono più o meno gli stessi, ma l'esperienza mi ha fatto riflettere più a fondo soprattutto su quello che vogliono i cubani dentro e quelli fuori dall'isola.
Un gruppo numeroso, per la maggior parte dagli Stati Uniti, sono dichiaratamente anti-castristi, a prescindere da ogni cosa. Vogliono la caduta del regime auspicandosi una futura influenza americana nella gestione del paese.
Altri, molti in Europa, vogliono sì un cambiamento ai vertici del regime, ma desiderando un futuro alternativo ad una eventuale "invasione" americana.
Altri ancora, tra i quali mi identifico io, non credono che la soluzione dei problemi sia necessariamente la caduta del regime comunista, anzi.

Credo che la rivoluzione del '59 continui ad avere un suo valore politico e sociale. A Cuba non esiste l'analfabetismo, l'assistenza sanitaria e la preparazione dei medici sono tra le migliori del mondo, l'educazione scolastica gratutita è un esempio per il globo intero, nonostante le difficoltà economiche che rendono difficile mantenere all'avanguardia queste conquiste sociali.

Credo fortemente in una società "socialista", anti-capitalista, dove i servizi principali di uno Stato debbano essere egualitari per chiunque, indipendentemente dalla classe economica e sociale. Credo altresì che un'economia privata sia indispensabile per poter sviluppare una competitività interna e portare così ad uno sviluppo socio-economico, credo che la meritocrazia sia d'obbligo per stimolare le persone ad agire con entusiasmo nelle proprie attività professionali.

Inoltre negli ultimi anni il modello occidentale-capitalista ha dimostrato il suo fallimento globale. Le banche e le multinazionali gestite dalle stesse pochissime dinastie da decenni sono le uniche che comandano e decidono la vita e la morte delle economie e dei popoli in tutti i pesei del blocco occidentale.
La miseria, la povertà, le assurdità di questo modello sono oggi più che mai evidenti nei moti rivoluzionari che in medioriente stanno abbattendo quei regimi dove il modello capitalista è stato esportato negli anni.

Detto questo mi sorprende che nei cubani all'estero il sollevamento popolare in Egitto, Tunisia, Libia e altri paesi dell'erea nord africana, vengano presi come esempio per incitare ad un simile moto popolare a Cuba.
I cubani sull'isola, ma anche molti di quelli residenti all'estero, infatti non sono minimamente interessati ad una rivolta contro il regime. E non credo che questo sia dovuto ad una paura genetica della popolazione, all'ignoranza o apatia del popolo cubano.

Nonostante i problemi che ho descritto, resta viva la speranza e la volontà di cambiare e risolvere i problemi che ho descritto, senza cancellare però quelle conquiste e, pechè no, quell'ideologia che ha mantenuto in vita Cuba per più di cinquant'anni.

Ho avuto modo di verificare personalmente il disinteresse della maggioranza dei cubani in un qualche tipo di sommossa.
Ad esempio il 5 Dicembre 2009 partecipai ad una manifestazione organizzata a Roma a favore dei diritti umani a Cuba. Erano presenti 7 persone, in quell'occasione mi domandai se voler protestare in quel modo non era più un esercizio intelletuale di pochi "privilegiati" che vivono all'estero, piuttosto che la rappresentanza di una volontà popolare di chi ancora vive sull'isola. Negli anni successivi ve ne sono state altre, sempre con un'affluenza a dir poco ridicola.

In questi giorni sono state organizzate in varie città del mondo manifestazioni in commemorazione della morte di Orlando Zapata, dissidente morto in carcere un anno fà, che è senza dubbio una macchia infame per il regime, così come lo è mantere alcuni dissidenti politici ancora in carcere.
Quello che però non condivido è prendere questo tragico esempio per incitare ad una rivolta popolare sullo stile di quelle mediorientali.
Infatti anche l'affluenza a questa ricorrenza è, comunque la si voglia guardare, a dir poco imbarazzante: ecco quanti erano presenti a Berlino oggi, e quanti a New York, sono curioso di vedere l'affluenza nelle altre città nei prossimi giorni.

In conclusione sembra che il desiderio di rivoltare il regime sia soprattutto la volontà di un'elite di "esiliati" con una forte presenza in rete, ma con uno scarsissimo appoggio reale sia sull'isola che all'estero.
Credo che sia molto più valoroso continuare a spingere per un cambio di Cuba da Cuba. Hanno molto più valore quelle persone che nonostante i mille problemi quotidiani continuano a cercare le soluzioni vivendo sull'isola e cercando in modo pratico di superare quegli ostacoli, piuttosto che abbattere un regime inprovvisamente, che porterebbe solo ad un declino terribile e ad un drammatico futuro, sia economico che sociale, la popolazione cubana prima di tutto.

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