Adesso sta meglio, Yoani Sanchez, la blogger dissidente più famosa di Cuba, picchiata da uomini della polizia politica mentre stava andando a una manifestazione non autorizzata contro la violenza politica.
«Ho passato una nottata d’inferno - racconta al telefono dalla sua casa dell’Avana - sono andata anche all’ospedale dove mi hanno prescritto degli antidolorifici per il mal di schiena e giro ancora con una stampella, ma sto rapidamente recuperando ». Soprattutto il morale è alto.
«Convivo da sempre con la paura ma non ho nessuna intenzione di chiudere il mio blog», assicura. Anzi, per lei continuare a scrivere sul suo sito Generazione Y è «il balsamo principale ». Ha ricevuto moltissima solidarietà, anche dall’Italia dove ha appena pubblicato un libro. Attestati di solidarietà le sono arrivati anche da istituzioni e dal governo cubano, «perchè nessuno può giustificare un atto così orrendo e sproporzionato verso una persona assolutamente pacificacomeme, che usa solo le parole ».
Yoani Sanchez è diventata a Cuba un punto di riferimento per un movimento composito di artisti, fotografi, giornalisti indipendenti, teatranti, musicisti. Tutti collegati dalla Rete. Spesso riuniti in sigle come Academia Blogger o Plataforma de Blogueros. Rivendicano libertà di espressione e di organizzazione senza censure ma non mitizzano acriticamente gli Usa. Anzi in molti hanno trovato addirittura «ridicolo» il premio Nobel per la pace dato a Barack Obama. Riconoscono ancora Camilo Cienfuegos, compagnodi Fidel e Che Guevara nella Sierra Maestra morto poco dopo la rivoluzione in un incidente aereo, come un padre della patria. Hanno contatti con le «Donne di bianco», spose e madri dei prigionieri politici nelle carceri cubane e con i «Consigli d’opposizione » che si sono già creati in 13 dei 164 municipi dell’isola, tra cui nelle città di Santa Clara e Santiago, per intercettare le richieste e le critiche dal basso ai governi locali. Sempre che glielo consentano.
«Ho passato una nottata d’inferno - racconta al telefono dalla sua casa dell’Avana - sono andata anche all’ospedale dove mi hanno prescritto degli antidolorifici per il mal di schiena e giro ancora con una stampella, ma sto rapidamente recuperando ». Soprattutto il morale è alto.
«Convivo da sempre con la paura ma non ho nessuna intenzione di chiudere il mio blog», assicura. Anzi, per lei continuare a scrivere sul suo sito Generazione Y è «il balsamo principale ». Ha ricevuto moltissima solidarietà, anche dall’Italia dove ha appena pubblicato un libro. Attestati di solidarietà le sono arrivati anche da istituzioni e dal governo cubano, «perchè nessuno può giustificare un atto così orrendo e sproporzionato verso una persona assolutamente pacificacomeme, che usa solo le parole ».
Yoani Sanchez è diventata a Cuba un punto di riferimento per un movimento composito di artisti, fotografi, giornalisti indipendenti, teatranti, musicisti. Tutti collegati dalla Rete. Spesso riuniti in sigle come Academia Blogger o Plataforma de Blogueros. Rivendicano libertà di espressione e di organizzazione senza censure ma non mitizzano acriticamente gli Usa. Anzi in molti hanno trovato addirittura «ridicolo» il premio Nobel per la pace dato a Barack Obama. Riconoscono ancora Camilo Cienfuegos, compagnodi Fidel e Che Guevara nella Sierra Maestra morto poco dopo la rivoluzione in un incidente aereo, come un padre della patria. Hanno contatti con le «Donne di bianco», spose e madri dei prigionieri politici nelle carceri cubane e con i «Consigli d’opposizione » che si sono già creati in 13 dei 164 municipi dell’isola, tra cui nelle città di Santa Clara e Santiago, per intercettare le richieste e le critiche dal basso ai governi locali. Sempre che glielo consentano.
«Da noi il muro non è mai caduto, anche perchè non è un muro concreto che si può buttar giù a martellate », dice Yoani, che quel 9 novembre dell’89 aveva solo 14 anni. «Il nostro muro, una reliquia del passato, è fatto di intolleranza, controllo rigido, penalizzazione del pensiero differente, e sta ancora in piedi».
Scricchiola però. La stessa aggressione a Yoani e ai suoi tre amici non sembra un atto di forza, quanto piuttosto di confusione e debolezza. Yoani lo interpreta come «un atto di disperazione di fronte al nuovo che non si conosce e non si controlla». Ma non accetta di paragonare Raul Castro a Gorbaciov. «Non si può fare alcun parallelo perchè Raul Castro non è un riformista, non cerca di trasformare, aprire la società, renderla più democratica. Vuole solo conservare il potere come un feudofamiliare, e per farlo cerca di apparire all’esterno, soprattutto ai media internazionali, come un riformatore, ma non è vero, a Cuba non c’è nessun cambiamento». C’è invece un «grande disinganno della popolazione verso le promesse sentite per tanti anni e una perdita di argomentazioni da parte degli stessi politici».E poi c’è Internet, la blogosfera. Nell’Urss c’erano i samizdat, scritti con la carta carbone e fatti circolare di mano in mano, le riunioni clandestine.
«Noi - dice energica Yoani - abbiamo dalla nostra la tecnologia». Così, anche se il regime fidelista ignora la data del 9 novembre - «la prima foto della caduta delmuro a Cuba l’abbiamo vista dieci anni dopo» - e anche se il Granma, quotidiano ufficiale, preferisce festeggiare il 7 novembre, anniversario della presa del Palazzo d’Inverno, e Lenin come «raggio di speranza», Yoani sostiene che privatamente, magari sui blog, anche a Cuba oggi la caduta del muro sarà ricordata. Come una speranza.
da L'Unità
Nessun commento:
Posta un commento