Reinaldo Escobar è il marito di Yoani Sánchez, la blogger più famosa di Cuba, simbolo di quella Generación Y alla quale dà voce nelle omonime pagine telematiche. Reinaldo è molto più vecchio di sua moglie, ex giornalista di Juventud Rebelde cacciato dal regime perché troppo indipendente, ma pure lui è un blogger che manda avanti una voce libera come Desde Aquí, collegata alla rivista telematica Desde Cuba. Lo abbiamo avvicinato telefonicamente per sapere dalla sua viva voce come si sono svolti i fatti dello scorso venerdì.
Reinaldo, crede che i cubani sappiano cosa è accaduto?
“La televisione ha dato la notizia camuffando la verità, come è abituata a fare. Non potevano fare finta di niente perché stampa e televisioni straniere avevano raccontato l’accaduto, ma hanno spiegato i fatti con la solita retorica di regime. Il telegiornale che va in onda la domenica alle otto di sera, il più seguito, ha detto che nel luogo incriminato si stava tenendo una manifestazione studentesca, alcuni ragazzi cantavano La Malagueña e leggevano poesie. Il commentatore televisivo ha avuto il coraggio di dire che un gruppo di controrivoluzionari ha tentato di sabotare la manifestazione e di aggredire gli studenti, scatenando la spontanea reazione popolare. Io e i miei compagni siamo apparsi sullo schermo televisivo accusati come mercenari e venditori della patria. Niente di più falso. Era tutto preparato contro di noi”.
Secondo lei il popolo cubano crede alle notizie diffuse dai media ufficiali?
"Non mi piace parlare in generale del popolo cubano. Siamo molto diversi tra noi e non tutti abbiamo lo stesso modo di pensare. Voglio credere che la maggioranza abbia la tendenza a sospettare di ciò che dicono in televisione e delle notizie diffuse a mezzo stampa, soprattutto quando sono in gioco problematiche ideologico - politiche. Per esempio, se sul Granma scrivono che ci saranno diversi black-out energetici tutti ci credono, mentre se compare la notizia che non ci saranno più interruzioni elettriche nessuno si lascia convincere. Questa volta il Granma parla di un’azione portata avanti da un gruppo di controrivoluzionari ed è una colossale menzogna. Io mi trovavo su quella pubblica strada perché avevo dato appuntamento a un uomo che aveva maltrattato mia moglie ed esigevo delle spiegazioni. Era un affare privato. Se un gruppo di controrivoluzionari vuole sabotare una manifestazione di giovani comunisti lo fa in modo diverso".
Come ha saputo che l’agente che ha picchiato sua moglie si chiama Rodney?
"Al processo contro il rockero Gorky sono state fatte delle foto agli agenti della sicurezza che si aggiravano fuori dal tribunale. In una di queste foto c’era l’agente Rodney, che mia moglie ha riconosciuto come uno degli aggressori. Era lui che dirigeva le operazioni, aveva il telefono in mano e ha chiamato la polizia".
Ha avuto paura durante il meeting di ripudio? Teme per il suo futuro?
"Ho sempre vissuto a Cuba. So bene cosa sono i meeting di ripudio. Non è la prima volta che il regime ne organizza uno per mettermi a tacere. Penso che l’odio sia un sentimento molto pericoloso, il peggiore che può produrre l’animo umano, soprattutto quando si manifesta nella forma peggiore. In ogni caso credo che l’errore più grande sarebbe arrendersi, perché quelle persone che adesso sono vittime di una politica fatta di odio prima o poi capiranno e si comporteranno in maniera diversa. Mi chiede se ho paura. Certo che ho paura. Non sono un irresponsabile. Ho paura ma vado avanti per la mia strada perché penso che sia la cosa migliore da fare. Una cosa vorrei dire: smettiamo di parlare di me e di quello che mi è successo, ma occupiamoci delle cose che accadono in questo Paese. Credo che sia molto più importante".
Salutiamo Reinaldo Escobar con la speranza che prima o poi la situazione cubana possa davvero cambiare. Se qualcosa accadrà dovremo ringraziare lui e sua moglie, una coppia di giornalisti indipendenti che ha il coraggio di andare controcorrente in un Paese dove gli spazi di libera opinione sono soffocati.
di Gordiano Lupi da La Stampa.it
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