08 settembre 2008

Vivere a Cuba, Yoani: perdere tutto

di Yoani Sanchez da Generaciòn Y traduzione di Gordiano Lupi

6 Settembre 2008. Le immagini del disastro lasciato da Gustav nell’occidente del paese scorrono sullo schermo. Volti oscuri davanti alle case da scenografia cinematografica che non hanno sopportato le raffiche di oltre duecento chilometri all’ora. In mezzo al pianto e alla preoccupazione, i giornalisti della televisione nazionale sono riusciti a strappare frasi come: “La Rivoluzione non ci abbandonerà”; “Il governo ricostruirà le nostre abitazioni”.


Questi motti non mostrano più la convinzione - perduta da tempo - che il Padre-Stato possa risolvere tutto; ma cercano soltanto di far prendere un impegno alle autorità davanti alle telecamere. Come se prendendo il microfono e gridando che il governo restituirà le cose perdute, volessero obbligarlo a mantenere la promessa. Le vittime di oggi reclamano una rapida soluzione, ma i danneggiati da uragani o inondazioni precedenti attendono ancora. Soltanto la combinazione di aiuti istituzionali, la solidarietà cittadina e le donazioni dall’estero allevieranno il dramma di tutte queste famiglie. La società civile cubana non può intraprendere, per conto proprio, una campagna di raccolta di aiuti. Sarebbe illegale lanciare un appello, senza passare per i canali ufficiali, affinché i vicini possano inviare vestiti, medicinali e generi alimentari nelle zone colpite. La nostra minusvalenza civica giunge al punto che neppure in caso di disastro possiamo riunirci spontaneamente per aiutare il prossimo.


Dagli Stati Uniti si parla di una moratoria per le sanzioni nei confronti di Cuba, come forma di aiuto per le vittime. Purtroppo, sospendere per soli tre mesi quelle turpi disposizioni non sarà sufficiente. Quando i reporter nazionali e stranieri ritorneranno alle loro case e gli operai delle linee elettriche avranno ultimato di riportare la luce nelle zone del disastro, soltanto allora, arriverà il vero sconforto per le cose perdute. Non ci saranno i giornalisti a caccia di parole d’ordine e non ascolteranno le lamentele dei danneggiati di fronte alle promesse non compiute. Tuttavia l’appoggio cittadino, l’aiuto del familiare che vive all’estero e delle organizzazioni internazionali - quella solidarietà che non cerca appoggio politico, né atti di fede - non li deluderà.

Questa domenica andrò a Pinar del Rio per portare direttamente il mio aiuto ai danneggiati. Mi incontrerò con persone della società civile e ci scambieremo idee sulle possibili strade della solidarietà.

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