9 Settembre 2008
Mia nonna nascondeva la tua immagine nella fodera del reggiseno, mentre mia madre indossava ancora la maschera dell’ateismo. Noi piccole della casa abbiamo imparato a venerarti senza sapere il tuo nome, incantate davanti al dorato splendore del tuo velo. Prima di sapere quale fosse il tuo nome in una religione o in un’altra, ti chiamavamo semplicemente: Cachita.
Sei l’unico punto sul quale noi cubani ci troviamo d’accordo. Riesci a convocare intorno a te sia coloro che ti pregarono in privato per non andare in Chiesa negli anni del furore antireligioso e quelli che, come me, non sanno se per fare il segno della croce si deve toccare prima la spalla sinistra o la destra.
Oggi dovremo fare come gli altri anni, comprare girasoli e portare in giro la tua immagine per le strade più centrali della città, ma l’uragano Ike ha oscurato il tuo giorno. I dintorni della baia di Nipe, dove 396 anni fa rinvennero la tua immagine, si trovano sotto i venti e le piogge. Una supplica intensa si eleva dalle case di tutta l’isola: “liberaci da tutto il male e copri con il tuo mantello protettore la nostra terra devastata”.
Traduzione della didascalia sotto la foto: La processione della Virgen de la Caridad, “Cachita”, patrona di Cuba, mentre passa all’angolo tra Galiano y Reina, nell’anno 2006.
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