13 settembre 2008

Vivere a Cuba: Gustav e Ike, ahy! gli aiuti










di Armando de Armas da Emilio Ichikawa

Ogni volta che un ciclone ha devastato l'isola si è trattato in realtà di due cicloni, quello dell 'isola e quello dell'esilio, così che si deve ricorrere all dilemma di Shakespeare: aiutare o non aiutare? Gli aiuti non arrivano mai, ad eccezione del "diplotiendas" cioè deii negozi per turisti, o comunque dove si vende in valuta estera a funzionari stranieri o cubani con accesso alla valuta forte ($/CUC), non a chi ne ha veramente bisogno. Quello che arriva, è un’aiutino, che dopo essere stato diviso a “dovere”, è ancora meno di quello che normalmente si riceve, così è la cosa.

Per darvi un'idea di ciò che Castro farebbe con qualunque donazione arrivasse al suo presidio, è sufficiente considerare quello che succede oggi, dopo una sola settimana dalle devastazioni degli uragani: il considerevole aumento della benzina e di alcuni alimenti indispensabili.

Nulla di quello che viene inviato dall’esilio, dalla famiglia o da organizzazioni umanitarie, da moratorie per togliere le sanzioni, o da un'eventuale temporaneo annullamento dell’embargo, potrebbe risolvere assolutamente nulla, sarebbero semplici cure marginali, e, dall'altro lato, darebbe alla dittatura comunista la possibilità di demolire le già martoriate riforme di Washington come l'unica lettera nella negoziazione di un eventuale processo di transizione in tutta l'isola.

Considerate che a Cuba esiste quella che si potrebbe definire “la popolazione endemica dei rifugiati”, cioè gente che a casua dei cicloni succeduti negli ultimi 20 anni, è nata, cresciuta, ha avuto figli, in “alberghi per disastrati”, caratterizzati per l’assenza di condizioni igieniche, dalla promiscuità e dalla violenza.
Sono chiamati "figli dei cicloni". Se questo è stato ben prima dell'arrivo di Gustav e Ike, come potrà mai essere possibile che oggi con gli aiutini di organizzazioni, gruppi o singoli individui in esilio, si risolva qualcosa?
D'altro canto, come riferito dall'isola, il problema non è solo la mancanza di denaro, ma soprattutto non vi è nulla da acquistare. Un ipotetico cubano di Miami che arrivando in questo momento, come dire, a Herradura, oppure a Pinar del Rio, con tasche piene di dollari e le braccia aperte per aiutare, non troverebbe molto, e se trovasse qualcosa, sarebbe sufficiente a malapena per la sua famiglia.

L'unico modo per cominciare a risolvere la tragedia umanitaria attualmente vissuta dal popolo cubano, è premere affinché il regima cubano accetti l’aiuto offerto degli Stati Uniti, di $ 100.000 per iniziare (nonostante sia una cifra ridicola, è quello che approssimativamente è a disposizione di ogni consolato degli Stati Uniti in ogni parte del mondo, soldi destinati ad aiutare, in caso di crisi o di calamità, come è recentemente accaduto in Birmania, dove la dittatura non accettava aiuti dagli USA), non si può continuare a permettere all’oligarchia dei comunisti sull’isola di continuare a rifiutare aiuti per il loro popolo. La comunità internazionale, i cubani liberi in esilio, dovrebbero chiedere un’azione unilaterale da parte del governo USA, bombardare l’isola da San Antonio a Maisi, con medicine, acqua e cibo.

Se così non sarà, come temo, i cubani devono liberarsi da questo paternalismo e queste testarde prese di posizione che hanno fatto tanto danno alla libertà sull'isola.
Rapporti del governo cubano, sfacciatamente, garantiscono che le zone turistiche non sono state colpite da uragani.
Beh, allora, ritengo che sia arrivato il momento per i cittadini dell’isola di assumersi una responsabilità diretta: vadano a vivere negli alberghi, assaltino i magazzini di alimenti allontanino i turisti. Un equo compenso, in base al diritto romano.
Non vi confondete. Non è un problema politico. Si tratta di una questione umanitaria. Un padre, una madre sull'isola non devono permettere che il loro bambino debba andare a letto senza poter bere un bicchiere di latte, oppure che siano obbligati a dormire all‘aperto, se si sa perfettamente che negli hotel per i turisti si può trovare di tutto, soprattutto quello che ha bisogno il loro bambino per sopravvivere.
Lo slogan per i nostri fratelli dovrebbe essere: per alberghi, per le riserve, nicchie di ricchezza che la dittatura mantiene nel regime di apartheid.

Presumo che ricomincerà la solita canzone...
Certo da Miami è facile parlare… Non vi è alcuna morale per chiedere una cosa simile ... Beh sapete una cosa?, La verità è che non è facile affermarlo, ma a volte c’è una morale, per chiederle qualcosa. Nessuna colpa. Quelli cha stanno da questa parte del mare, hanno fatto quello che dovevano fare, nella buona o nella cattiva sorte.
Altri, che non hanno fatto nulla sull'isola, non devono comunque lasciarsi incantare e ricattare, perché non sono loro il problema, il problema è di quei genitori con i loro figli affamati a Cuba.
Quindi tranquilli, senza complessi, o ci si unisce a chi chiede aiuto, o che si continui a restare in silenzio come si è sempre fatto, ma vi prego non ascoltate il solito ricatto di sempre.

Nessun commento: