Incontro un'enciclopedia per bambini, e al fine di verificarne la sua qualità, vado direttamente al punto in cui si dice "Cuba". Una piccola frase riassume che viviamo in "un'isola dei Caraibi dove i nativi coltivano la pianta del riso sulle pendici dei monti."
In un primo momento credo di aver sbagliato paese, ma no, così è come ci descrive la stereotipata pubblicazione digitale. Dopo le risate che mi provoca un ritratto così assurdo, mi rendo conto di tutti i cliché con cui si caricano i cubani.
Sulle nostre strade, ad esempio, camminano donne che non somigliano a nessuno e mulatte come quelle dei manifesti. Qui è presente l'intera gamma di colori che potete immaginare. Da languide bionde con occhi azzurri fino alle sfumature più vicine alla notte.
E’ possibile interagire con una vasta gamma di credenze religiose e posture politiche, scontrarsi con una impressionante pluralità nei più svariati argomenti. Ascolto chi è liberale, democratico-cristiano, addirittura fino ad una nuova ondata di anarchici. Non vedo, tuttavia, questo arcobaleno di pareri rappresentato nel ritratto della nostra scena politica. Piuttosto un gruppo capriccioso che vuole tenerlo tutto di un unico colore. Un'isola caratterizzata da pluralità, legata ad un discorso in bianco e nero.
Ne ho abbastanza di chi vuole dare l'impressione che tutti i cubani giocano a domino, siamo Santeri o gridiamo slogan in piazza, noi siamo esperti ballerini e convinti anti-imperialisti.
Stanca del fatto che pochi possano determinare chi può o non può rappresentare la gentilezza di questa terra. Quelle stesse persone che si attribuiscono il diritto di chiamare "anti-cubani" coloro che la pensano diversamente dal sacrosanto criterio del partito. Con un bastone eminentemente ideologico si pretende determinare la nostra identità. Cuba, Cuba profonda e durevole, ride tutte queste caricature.
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