Gli artefici della rivoluzione
degli Stati Uniti del 1776 (Washington, Jefferson, Adams e Madison), redattori
della Dichiarazione d’indipendenza, della Costituzione e della Dichiarazione
dei diritti, erano repubblicani, liberali, democratici e anti monarchici
convinti, oltre che ricchi e illustri aristocratici.
Uomini spinti dal bene, che
attuarono successivamente “l’elitismo democratico”.
Quella formula etilista e
democratica coltivò la democrazia per quelle elite alle quali attribuirono la
capacità di rappresentare il popolo. Si tratta di leaders così refrattari all’idea
che le masse potessero prendere il controllo del paese che non considerarono
mai questa eventualità, non la temerono e di sicuro non la stimolarono.
Non praticarono nemmeno la
demagogia, non si rivolsero alle masse e nemmeno pensarono all’indipendenza,
alla libertà e al paese che costruivano perché potesse essere gestito da una
maggioranza turbolente.
Tale approccio spiega perché
nella Dichiarazione d’Indipendenza, nella Costituzione e nella Dichiarazione
dei Diritti non si accenna gli umili, agli schiavi, ai neri, ai nativi di
quelle terre, alle minoranze, agli immigrati, ai giovani e alle donne.
Quando quell’elite si dichiara
abilitata dalla Provvidenza per condurre un popolo presumibilmente scelto, non
considera il proletariato, i contadini e nemmeno i poveri, ma solamente se
stessa.
Queste premesse unite ad un
liberalismo economico totale costituirono le basi sulle quali si costruì e si
sviluppò lo Stato Nordamericano, le sue istituzioni, il sistema politico e come
parte integrante di quest’ultimo il meccanismo elettorale.
Per questi motivi il potere
centrale personificato dal Governo Federale e il Presidente furono mali
necessari.
Ben studiato, il sistema politico
nordamericano si sostiene su alcuni pilastri come il Congresso,( entità eletta
dai cittadini su scala locale, ma formata dall’elite e sulla quale il popolo non
detiene nessun controllo), i diritti dei cittadini evidenziati dai primi dieci
emendamenti della Costituzione, il federalismo e la chiara distinzione e
indipendenza dei poteri dello Stato.
Nonostante dall’Europa arrivarono
alcune correnti politiche, gli emigrati che popolarono gli Statu Uniti si
integrarono in una società nella quale ci si aspettava poco dal Governo e ,
anche se col tempo il paese si coese come nazione, il pensiero e la pratica
politica si mantennero fedeli alle loro origini. Da qui i cambiamenti
ideologici e istituzionali così come le mutazioni del sistema politico continuano
ad essere lenti e graduali come è successo con l’elezione diretta del
Presidente e dei suoi collaboratori, la fine della schiavitù, la concessione
del voto alle donne e ai giovani tra le altre cose.
Questi (e molti altri fattori)
spiegano la naturalezza e la salvaguardia del sistema elettorale nordamericano
che confida più nel collegio elettorale che nelle masse e in caso di dubbio
elegge il Congresso e il Tribunale Supremo come arbitri e spiega anche perché
la socialdemocrazia, il sindacalismo e la demagogia non prosperarono, dove non
si è mai svolto un referendum e dove le riforme e le innovazioni si decidono in
Campidoglio.
Non bisogna dimenticare che la
Costituzione che sopravvive da 200 anni fu approvata da 50 persone e che
nemmeno i Presidenti sono stati tanti.
Il popolo americano, che rispetto
al resto del mondo si comporta come un’elite, è parte dell’impero americano e
non vittima dello stesso.
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