03 novembre 2012

Riflessioni di Rob: elezioni USA, elitismo e democrazia

Gli artefici della rivoluzione degli Stati Uniti del 1776 (Washington, Jefferson, Adams e Madison), redattori della Dichiarazione d’indipendenza, della Costituzione e della Dichiarazione dei diritti, erano repubblicani, liberali, democratici e anti monarchici convinti, oltre che ricchi e illustri aristocratici.


Uomini spinti dal bene, che attuarono successivamente “l’elitismo democratico”.
Quella formula etilista e democratica coltivò la democrazia per quelle elite alle quali attribuirono la capacità di rappresentare il popolo. Si tratta di leaders così refrattari all’idea che le masse potessero prendere il controllo del paese che non considerarono mai questa eventualità, non la temerono e di sicuro non la stimolarono.
Non praticarono nemmeno la demagogia, non si rivolsero alle masse e nemmeno pensarono all’indipendenza, alla libertà e al paese che costruivano perché potesse essere gestito da una maggioranza turbolente.

Tale approccio spiega perché nella Dichiarazione d’Indipendenza, nella Costituzione e nella Dichiarazione dei Diritti non si accenna gli umili, agli schiavi, ai neri, ai nativi di quelle terre, alle minoranze, agli immigrati, ai giovani e alle donne.
Quando quell’elite si dichiara abilitata dalla Provvidenza per condurre un popolo presumibilmente scelto, non considera il proletariato, i contadini e nemmeno i poveri, ma solamente se stessa.

Queste premesse unite ad un liberalismo economico totale costituirono le basi sulle quali si costruì e si sviluppò lo Stato Nordamericano, le sue istituzioni, il sistema politico e come parte integrante di quest’ultimo il meccanismo elettorale.
Per questi motivi il potere centrale personificato dal Governo Federale e il Presidente furono mali necessari.

Ben studiato, il sistema politico nordamericano si sostiene su alcuni pilastri come il Congresso,( entità eletta dai cittadini su scala locale, ma formata dall’elite e sulla quale il popolo non detiene nessun controllo), i diritti dei cittadini evidenziati dai primi dieci emendamenti della Costituzione, il federalismo e la chiara distinzione e indipendenza dei poteri dello Stato.

Nonostante dall’Europa arrivarono alcune correnti politiche, gli emigrati che popolarono gli Statu Uniti si integrarono in una società nella quale ci si aspettava poco dal Governo e , anche se col tempo il paese si coese come nazione, il pensiero e la pratica politica si mantennero fedeli alle loro origini. Da qui i cambiamenti ideologici e istituzionali così come le mutazioni del sistema politico continuano ad essere lenti e graduali come è successo con l’elezione diretta del Presidente e dei suoi collaboratori, la fine della schiavitù, la concessione del voto alle donne e ai giovani tra le altre cose.

Questi (e molti altri fattori) spiegano la naturalezza e la salvaguardia del sistema elettorale nordamericano che confida più nel collegio elettorale che nelle masse e in caso di dubbio elegge il Congresso e il Tribunale Supremo come arbitri e spiega anche perché la socialdemocrazia, il sindacalismo e la demagogia non prosperarono, dove non si è mai svolto un referendum e dove le riforme e le innovazioni si decidono in Campidoglio.
Non bisogna dimenticare che la Costituzione che sopravvive da 200 anni fu approvata da 50 persone e che nemmeno i Presidenti sono stati tanti.
 
Il popolo americano, che rispetto al resto del mondo si comporta come un’elite, è parte dell’impero americano e non vittima dello stesso.

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