30 novembre 2012

Cambio a Cuba: il senile e arrogante potere decadente

E’ difficile a volte continuare a credere in qualcosa che senti dentro e che intravedi all’orizzonte. Cuba è difficile. E’ contrastante il sentimento che mi impregna, le sue evidenti potenzialità che faticano a concretizzarsi. Le alternanti fasi di apertura e di contrazione, inspiegabili, incomprensibili, disarmanti. A Cuba esistono presupposti socio-politici impossibili da trovare altrove. La tenace difesa di un modello socialista ormai scomparso, o drasticamente mutato, quasi ovunque al mondo, continua a sopravvivere tra attacchi e critiche senza soluzione di continuità, anche quando è palpabile lo sforzo di rinnovarsi, di rimodernarsi, di sbocciare in un’alternativa concreta e sostenibile. Il socialismo deve cambiare i suoi dogmi. Le società cambiano, le esigenze dei popoli cambiano, le necessità sociali, le libertà individuali, le partecipazioni attive devono essere sostenute adattando le leggi, l’economia ed il funzionamento burocratico alle realtà dinamiche che evolvono ad un ritmo sempre più vertiginoso. Il rischio è quello di dissolversi, di essere assorbiti da prepotenti modelli di facile e superficiale assimilazione popolare. Di scomparire definitivamente. 

Nel 2010 pochi avrebbero scommesso sulle riforme che coraggiosamente Raul Castro ha promosso e attuato. L’apertura a piccole-medie imprese private, la liberazione dei prigionieri politici e di coscienza, la concessione di possedere beni immobili, automezzi, terreni. La recente riforma migratoria. L'esistenza di una dissidenza attiva, anche se smentita dalle opposizioni dentro e fuori l’isola, che è presente sul territorio e per quanto la sua tolleranza sia sbugiardata da pochi alfieri del liberal-capitalismo occidentale è ignorata dalla stragrande maggioranza dei cittadini. 

Certo Cuba continua ad essere un paese povero, i salari statali sono al limite dell’indigenza, nessuno può sopravvivere solamente con uno stipendio "ufficiale". Tutti si devono “arrangiare” in qualche modo. Le infrastrutture sono al collasso, la produttività è crollata negli anni e fatica a riprendersi. L’economia interna lentamente cerca una via di uscita dalla crisi che attanaglia ogni tentativo di rinascita sociale. 

Ma soprattutto è lo stagnante sistema politico e burocratico composto da una gerontocrazia che si aggrappa prepotentemente al potere individuale e ai privilegi personali che impedisce di applicare nuove visioni, di intraprendere coraggiosi piani di sviluppo sociale ed economico. E’ la senilità politica che sta frenando l’evolversi del socialismo cubano in un modello alternativo e sostenibile di un nuovo tessuto sociale. Anziani dirigenti continuano a imporre soluzioni anacronistiche a problemi moderni, con ignorante arroganza si oppongono con violenza a evidenti necessità che il mondo attuale impone con una continuità dettata dall’evoluzione naturale degli individui. 

La paura che il potenziale umano e sociale venga definitivamente agglomerato alla dirompente irruenza di un superficiale sistema consumistico, fittizio, apatico che sta dilaniando il mondo occidentale è sempre più presente. L'estenuante pigrizia con la quale si vuole riformare un decadente e ormai deturpato, stanco e apatico sistema sociale rischia di rendere irraggiungibile un innovativo disegno socialista moderno, unica vera possibilità di creare una nuova progredita realtà rivoluzionaria per il benessere concreto dei cittadini di un “nuovo mondo”.

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