Quattro anni fa mi sono interessata ad un comizio per la
prima volta.
Quest’anno ho seguito il secondo processo elettorale
della mia vita. In nessuna delle due occasioni si è trattato di elezioni del
mio paese. Incoscientemente, mi ero convinta che le elezioni straniere
influenzavano la mia vita più di quelle nel mio paese.
Nel 2008, guardavo la Mesa Redona sulle elezioni negli
USA e leggevo gli articoli dal Granma sul tema. L’elezione di Obama poteva
segnare la fine dell’embargo e la normalizzazione delle relazioni tra Cuba e
Stati Uniti. Anche se la vita non sarebbe migliorata, perlomeno avrei avuto la certezza
che la giustifcazione non sarebbe stata l’embargo degli USA imposto al mio
paese. Non successe nulla.
La storia ha dimostrato che ci vuole ben altro di un
presidente nero alla Casa Bianca perché le cose possano cambiare, non basta
arrivare alla presidenza pieno di buone intenzioni, ci sono paesi dove il
presidente non è il capo del paese. Non basta aggiudicarsi il premio Nobel per
la pace per meritarselo.
Quest’anno mi sono dedicata alle elezioni in Venezuela,
senza decidermi se temere o desiderare che Chavez potesse perdere, solo perché
così il nostro governo si sarebbe destabilizzato. Se il paese non riceve più
conbustibile non accadrà come nel Periodo Speciale quando la gente sopportò “los
alumbrones” (il piccolo intervallo di
tempo tra un’interruzione della corrente e l’altro).
Non so se è così che desidero che le cose cambino nel mio
paese. Temo che il fatto di essere sottomessi a maggiori privazioni di quante
già stiamo affrontando, spingerebbe la gente a scendere per la strada, con
ragione, per convertirsi così in soggetti esposti alla repressione in nome
della sovranità nazionale.
Domenica sono arrivata a casa con lo scopo di seguire una
delle mie serie preferite alla televisione, ma è stata sospesa a casua della
Mesa Redonda dedicata alle elezioni venezuelane, due ore prima della chiusura dei
seggi elettorali.
Il conduttore e gli ospiti della trasmissione non
menzionarono le conseguenze nefaste che avrebbe potuto sopportare il nostro
paese nel caso Chavez avesse perso. Hanno parlato dei benefici ottenuti dal
popolo venezuelano durante il suo governo e soprattutto elogiarono la
democrazia esistente in quel paese.
Citarono addirittura il presidente Carter, a quel punto mi sono
messa a pensare. Perché per essere onesta, non ho molta fiducia nei conduttori
della Mesa Redonda quando si tratta di giudicare la democrazia. Non credo
nemmeno che Carter possa avere l’ultima parola in merito, però almeno è un
osservatore esterno, meno compromesso degli invitati al programma televisivo.
Mesa Redonda programma televisivo della TV cubana |
Ma cosa c’é di male nella rielezione di un presidente
quando il popolo considera quello che sta facendo positivo, soprattutto quando
il popolo sà che può sradicarlo dal potere con gli strumenti di cui dispone?
In Venezuela ci sono state elezioni nelle quali hanno
partecipato più di un partito politico. Ogni votante ha avuto la possibilità di
decidere, di fare la differenza con il suo voto. Secondo l’Unione delle Nazioni
Sudamericane (UNASUR) più dell’80% del popolo è andato a votare. Facendo la
fila per poter esercitare il loro diritto al voto, per decidere del futuro del
loro paese.
Domenica 21 Ottobre, noi cubani andremo alle urne per il
delegato all’Assemblea Popolare e poi staremo a guardare. Non parteciperemo alle
elezioni dell’Assemblea Municipale, né alla Provinciale, né alla Nazionale e
nemmeno all’elezione del Presidente del paese. In ogni caso non ci sorprenderà
il risultato finale.
Sono sicura che quì votera più dell’80% della
popolazione. Ma quanti lo faranno con la convinzione che il loro voto avrà peso
nella vita del paese e quanti lo faranno per non compromettersi, per mantenersi
adatti per lavorare nel turismo o in altri settori ben remunerati?
Ma soprattutto, che futuro decidiamo con il nostro voto,
oltre al delegato che cercherà di risolvere i nostri problemi per un determinato
periodo di tempo e ci darà risposte consolatrici ogni volta che si sentirà le
mani legate?
I venezuelani hanno deciso ancora una volta per Chavez.
Però hanno avuto altre opzioni, avrebbero potuto votare per altri candidati. L’opposizione
era rappresentata. Capriles ha avuto l’opportunità di rivolgersi al pubblico,
di usare i mezzi di comunicazione di massa per trasmettere quello che intendeva
fare se fosse stato eletto.
A Cuba qual’è il meccanismo per cambiare il potere? Quali
rappresentanti ci sono che, anche se in minoranza, si oppongono al governo?
“Venezuela ha dato al mondo una lezione di democrazia” ha
affermato Carlos Alvarez, capo della missione UNASUR, dopo le elezioni di
domenica. Anche a Cuba?
di Yusimì Rodiguez da Havana Times
di Yusimì Rodiguez da Havana Times
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