06 settembre 2012

Riflessioni su Cuba: ...sulla democrazia... uno scritto di Massimo Campo e un mio commento



UN DEMONE DI NOME DEMOCRAZIA
di Massimo Campo

Mi interesso della “questione Cuba” da circa 10 anni.
In molti ne sanno sicuramente più di me, ed è un piacere scoprire sempre qualcosa di nuovo relativo a ciò che si ama. Ma molti altri ne sanno meno, credono di saperne molto, e comunque sono convinti che la propria opinione su una materia così dinamica e complessa, come la Cuba attuale, sia una sorta di dogma indiscutibile.
Come spesso accade il dialogo più produttivo e profondo avviene proprio con chi la pensa diversamente, sarà per questo che i miei più cari amici hanno una visione politica completamente opposta alla mia, e non casualmente questo accade anche per la scelta, effimera ma importante, della squadra di calcio da tifare.
Nella diversità c’è maggior stimolo intellettuale, senza dubbio.
Quando ho cominciato a frequentare Cuba l’ho fatto senza particolari interessi politici. Ero e sono un moderato che non concepisce ne la destra ne la sinistra estrema, se pur questa scolastica classificazione possa avere ancora senso. Ero non proprio affascinato dalla figura di Fidel Castro, che come tutti i rivoluzionari da quando esiste la società umana, ha sulle spalle azioni straordinariamente meritevoli di lode ed altre che naturalmente si declinano nella barbarie della civiltà.
Le “rivoluzioni di velluto” sono davvero merce rara nella civiltà umana, merce rara ho detto… non impossibile da trovare: rivoluzione di velluto.
Malgrado la mia imparzialità di vedute ero incuriosito intellettualmente da un personaggio realmente storico come Fidel Castro. Chi, in un senso o nell’altro, potrebbe non esserlo?
Ho amici cubani in Italia, quindi la prima volta vado a Cuba affittando una casa particular di fianco alla famiglia di questi miei conoscenti.
Comincio a frequentare la meravigliosa Avana. Città affascinante in ogni suo aspetto, e detto da una persona che abita nel centro storico di Roma questa affermazione ha un peso.
Scopro una città a tratti restaurata, pulita, piacevole. In gran parte decadente, ferita, trascurata. Mi spiegano che è dura curare una città di questo tipo, ci vogliono interventi molto costosi e Cuba è un paese dalla economia abbastanza semplice che ha sicuramente bisogno di svilupparsi.
Poi scopro altri quartieri, più eleganti, protetti da molta polizia malgrado ci siano poche persone in strada. Mi spiegano essere le zone bene della città. In genere, ma non sempre ed esclusivamente, riservate alle alte sfere delle Forze Armate.
Il secondo giorno accade una cosa incredibile, per un occidentale come me.
Vedo un cittadino fermare una automobile, evidentemente di qualche organizzazione statale, l’esercito se ben ricordo, ed ottenere un passaggio.
Sbarro gli occhi e chiedo un chiarimento.
Mi viene detto dai miei amici cubani che l’automobile è dello stato, ma lo stato non sono i cittadini? Quindi perché non avere diritto a chiedere un passaggio se c’è spazio disponibile sul mezzo?
Sorrido intellettualmente umiliato dalla bellezza e dalla semplicità di questo ragionamento politico.
Cuba è un luogo diverso, comincio a comprenderlo.
E comincio a fare qualcosa di importante, metto da parte le mie regole occidentali, europee, cattoliche, capitaliste, per cercare di comprendere la diversità di questo meraviglioso spicchio di mondo.
Lo faccio con pudore. Lo so che capire non sarà semplice, mi basterebbe avvertire il senso profondo di quella diversità.
Con la mia ingenuità delle cose cubane mi presto ad aiutare un amico per organizzare una festa, non sapendo che organizzare una festa in un appartamento significa togliere i mobili per creare lo spazio dove ballare. Scopro così cosa significa fare un minitrasloco (e poi riportare tutto il giorno dopo) ai Caraibi, in agosto. Ma yo estoy gordo, così faccio ginnastica, penso.
Yohander, nome strano anche a Cuba mi dicono, mi accompagna da una sorridente ed arzilla vecchina al piano terra. Parla in cubano veloce e sincopato e capisco che la informa della festa. Penso è persona educata e l’avvisa del possibile rumore.
Poi sempre Yohander mi indica e capisco che sta spiegando che sono italiano. La vecchina mi guarda perplessa, ma il mio amico subito interviene spiegando che sono un collega di ufficio, a Roma, di un suo cugino. E mi fa indicandomi “Dille che conosci Jose”. Io mi avventuro nel mio spagnolo scolastico e dico che sì lo conosco da anni a Roma e che sono a Cuba in vacanza. La cosa continua su questo tenore per qualche minuto, non di più.
Poi comprendo chiaramente che la signora chiede due cose.
Due bottiglie e di avvisare un ufficio, una stazione, sulle prime ho dei dubbi.
Il mio amico dice che certo, che lo avrebbe fatto, che è giusto, che è corretto e così via. Io non parlo.
Salutiamo, usciamo. La signora esce nel pianerottolo e dalla scala all’aperto urla il nome di una persona. Chiamandola, evidentemente.
Scopro così l’stituzione del  Comités de Defensa de la Revolución.
Poco dopo la sfacchinata del ministrasloco vedo Yohander che prende 2 bottiglie di rum, quello buono (pagato da me), e le porta al piano terra.
Dopo il trasloco mi faccio una doccia, Yohander mi presta una sua camicia che la mia era zuppa dall’inaspettata fatica… ed andiamo alla stazione di polizia. A poche centinaia di metri dall’appartamento.
Mi dice “Massimo, aspetta fuori. Ma dammi il passaporto. Io avviso il poliziotto di turno che ho parlato con la delegata del CDR e che ci sei tu come ospite. Probabilmente non ci sarà bisogno di entrare, ma se vengo a chiamarti tu devi dire che non ti interessa nulla la politica e che sei qui per il mare. E che conosci Jose T. R. che lavora legalmente in Italia. Massimo, non devi dire altro che esattamente la verità”.
Non nego che ho avuto un certo timore. Io non volevo neanche che ci fosse la possibilità di dover parlare con la polizia. Lui mi ha rassicurato. In effetti non sono dovuto entrare. Quella ostentazione delle regole formali è stata sufficiente.
Ma scusa, dovete dire tutto alla polizia e a quella signora del primo piano?”.
Massimo, il marito di mia sorella lavora in un Ministero. Ha anche un buon livello di importanza. Lui viaggia spesso in Europa per lavoro. In famiglia abbiamo un modo di vedere le cose, dobbiamo essere precisi e rispettare le regole. Hai visto la Fiat UNO con cui ci muoviamo? Non è mia, è del marito di mia sorella. Io ho la patente ma lo stato non mi ha ancora concesso il diritto alla guida. Questo è un brutto quartiere, ma mia sorella vive in una casa molto bella che poi ti farò vedere. Domenica siamo a pranzo da loro”.
Stavo entrando nella diversità cubana, lentamente. Ma poi neanche così lentamente.
La mia ingenuità cominciava a sconfinare nella stupidità quando ad un certo punto della festa, bevendo con delle persone sconosciute, me ne sono uscito con qualcosa che poteva essere del tipo “ma certo che ‘sto Castro comanda tutto lui” e come un fesso (ora lo so) ho iniziato a fare domande politiche.
Gran parte di quei ragazzi erano appena laureati, o stavano per farlo, in facoltà inerenti le discipline economiche. Molti stavano svolgendo degli stage in ministeri o comunque in aziende dai nomi più svariati che poi ho saputo essere di proprietà delle Forze Armate.
Insomma, erano ragazzi abbastanza in carriera, se vogliamo usare questo termine occidentale. E lo erano in contesti davvero statali. Non stavano facendo carriera in qualche ristorante, ma volevano farla nei principali ministeri dello stato.
Yohander, con calma certosina, mi ha spiegato in maniera simpatica che a Cuba puoi chiedere ad una persona che hai appena conosciuto quali sono le sue preferenze sessuali con la moglie o l’amante. Ma che parlare di politica con uno sconosciuto, che ero io, ed in pubblico… non era davvero il massimo della vita.
Questa mia educazione spirituale, ancor più che politica, è proseguita per 5 anni.
In questi 5 anni ne ho passato più di uno intero all’Avana. Con la fortuna di poter gestire il mio lavoro italiano da remoto.
In questi anni ho scoperto una Cuba che non viene raccontata in Italia.
Una Cuba fatta di prostituzione di massa, ho pubblicato un libro per raccontare la storia di diverse jineteras. Fatta di mercato nero e miseria. Fatta di vergognosi privilegi per i turisti a scapito dei liberi cittadini cubani. Una Cuba dal partito unico dove non si deve parlare in pubblico, perchè almeno una piccola percentuale di persone che sono sedute nel locale in quel momento stanno lavorando per la polizia politica. Una Cuba dove una ragazza non può parlare in pubblico con un turista, ma se offri da bere alla polizia il problema si supera. Una Cuba dove il CDR è una forma di spionaggio paramafioso istituita a livello condominiale. Una Cuba dove il libero pensare è semplicemente anticostituzionale.
Io non prendo soldi da nessuno. Rubo molto del mio tempo personale per scrivere e ricercare di Cuba. Non ho interessi nel parlare male di nessuno, di Castro, del castrismo, del regime, del governo. Non ho interessi a farlo, ho solo l’obbligo morale di farlo. Perché Cuba è una dittatura. La si potrà chiamare dittatura soft, dittatura sociale, dittatura solidale. Ma è e resta una dittatura a tutti gli effetti.
Io spero solo in una Cuba democratica.

da NuovaCuba

Interessante questo tuo pensiero Massimo, all'inizio precisi di non essere né di destra né di sinistra, assolutamente giusto, non ha alcun senso oggi definirsi in questi termini. Ma andrei oltre, anche definire uno stato democratico oggi è un azzardo. Nei paesi occidentali siamo in democrazia? Possiamo decidere come governare un paese e intervenire in modo concreto nelle decisoni che vengono prese dai vertici politci, ma soprattutto finanziari globali? Certo non abbiamo un CDR, abbiamo molti partiti (di fatto senza alcuna differenza sostanziale), la polizia non ci ferma se parliamo con i turisti (questo oggi non accade nemmeno a Cuba), poi la prostituzione... Non mi sembra che nelle realtà occidentali sia assente, anzi! Infine il libero pensare, non c'é nulla di peggio che illudersi di essere "liberi" di parlare, dissentire, protestare, quando le nostre parole si perdono in una fitta nebbia di disinteresse sociale. Certo è nostro dovere spirituale continuare a esprimere idee e progetti, ma cercare di concretizzarli (con i mezzi che abbiamo a disposizione) è infinitamente più importante. In conclusione credo superficiale continuare a focalizzarsi su una Cuba "democratica", la democrazia è defunta come il modello capitalista o quello socialista (così come li conosciamo oggi),  Ma credo soprattutto che Cuba oggi abbia una peculiarità: essere ancora fuori il sistema liberista-finaziario globale gestito dalle famiglie-dinastie finanziarie anglosassoni che sono di fatto delle "potenze  dittatoriali crudeli" che hanno causato nel mondo infinitamente maggior dolore, ingiustizie, soprusi, guerre, carestie e che stanno cancellando il concetto stesso di "democrazia".  Amo Cuba, ho una moglie cubana e due bimbe italo-cubane. Conoscono in prima persona le sofferenze, i problemi, le ingiustizie che si devono sopportare sull'isola. Ma sono anche "disturbato" dal leggere in continuazione di quanto sia cattivo Fidel e di come abbia fallito la rivoluzione. L'opposizione interna si dovrebbe focalizzare su due cose fondamentali: creare una proposta politica ed economica concreta e diffondere, legalmente, in modo autonomo e autoctono le proprie idee tra i cittadini comuni e non solo cercare un supporto internazionale in rete o accettare ambigui finanziamenti americani.
Con simpatia,
Roberto Ferranti


5 commenti:

Niki ha detto...

Ammazza Roberto, che cambiamento in questi ultimi tempi.
Da sfegatato anticastrista a quasi un militante.
Certo il tuo commento non fà acqua ma quando dici "L'opposizione interna si dovrebbe focalizzare su due cose fondamentali: creare una proposta politica ed economica concreta e diffondere, legalmente, in modo autonomo e autoctono le proprie idee tra i cittadini comuni e non solo cercare un supporto internazionale in rete o accettare ambigui finanziamenti americani." dici bene si ma a Cuba ancora oggi se alzi un dito te lo tagliano.
Con affetto c
Ciao

NIKI

Roberto Ferranti ha detto...

Si, sono cambiato, ma soprattutto ho aperto gli occhi, la dissidenza a tutti i costi non la approvo nè la capisco, non credo che continuare a lamentarsi (anche se a volte con ragione) serva a qualcosa. Dici che se alzi un dito te lo tagliano, è vero, ma allora che ci fanno con i 20.000.000 che gli americani gli passano tutti gli anni? ai voglia a ricaricare i cellulari per twittare!!! Ma soprattutto non ha senso parlare di dmocrazia, quando la democrazia non esiste più. Se la dissidenza si ispira ad un modello capiatalista come quello occidentale, meglio mille volte Cuba cono i suoi difetti. Là si può costruire qualcosa per il futuro, quà si sta lentamente morendo, ci stanno dissanguando e a noi va pure bene!
Comunque io non milito con nessuno nè con il regime nè con la dissidenza, mi informo, ragiono e soprattutto penso in modo autonomo senza difendere alcun ideale no dx no sx... ciao Niki, con simpatia

Niki ha detto...

Sono d'accordo con te su parecchi punti di vista.
Anch'io non mi occupo di politica cubana e neanche italiana , diciamo sono un caprone come i tanti, di quelli che si lasciano comandare in silenzio.
Ma la libertà civile a Cuba è un grave handicap soprattutto per i cubani "pensanti".
A parte che non credo che anche nel caso di un cambio radicale, cuba si adeguerà agli standard democratici legati al primo mondo , cioè agli USA, sarà sempre una cosa alla cubana, e come tale certamente migliore di quelle esistenti.
Facciamo attenzione, i cubani hanno radicato il pensiero socialista e marxista, non lo negano ne lo aborrano, loro chiedono più partecipazione e più diritti civili e con la loro erudizione ed oramai con la conoscenza internazionale che hanno ne hanno i sacrosanti diritti.
I Castro sono fuori tempo, e i loro delfini approfittano della situazione per non modificare niente, tanto ci guadagnano a restare in questa situazione di vantaggio.
Usare la forze di polizia per tenere sottomessa la popolazione, che tra l'altro non è neanche bellicosa è un retagio antistorico e dannoso.
Non cambierà niente nemmeno alla fine dell'impero Castro o almeno per i primi anni dalla loro dipartita questo è certo, la cupola è ben salda ed i generali in secondo piano possono al primo accenno di rivolte prender il comando del paese per il bene della rivoluzione socialista, e questo i cubani lo sanno.

ciao Roberto con altrettanta simpatia.

Roberto Ferranti ha detto...

Condivido totalmente, ottima analisi, ci vorranno anni, spero che quando arrivi il momento non prendano la strada più facile (USA e finanza criminale) ma che si possa costruire qualcosa di nuovo, di diverso, di veramente "rivoluzionario" nel senso più moderno del termine, un abbraccio

blog per la condivisione metodo gordon ha detto...

Anche io sono di Roma e quest'anno sono stato per la prima volta a cuba!!!Apprezzo tantissimo il tuo intervento e sono d'accordo su tutto!!Le cose che hai scritto le ho notate anche io anche perchè avendo la fortuna di parlare con i cubani ho appreso molte informazioni preziose.....su un punto mi è venuto da vomitare l'enorme degrado sociale e la prostituzione di massa, tutte queste ragazze tra l'altro molto belle che si vendono per pochi euro che tristezza....io non sono contro castro ma credo che questo sistema sia arrivato alla frutta, per carità è stato utile perchè ha donato autonomia e dignità ai cubani ma mo basta però!!!Loro chiedono e vogliono con forza il cambiamento i Castro verranno presto rimossi dal regime questa è una mia opinione osservando leggendo documentandomi secondo me il regime ha i giorni contati..continua a illuminarci Grande roberto