19 agosto 2012

Riflessioni su Cuba: la sfida dell'intellettualità


Esteban Morales è un professore cubano dell’UNEAC, ex membro e intellettuale del Partito Comunista Cubano. Fu espulso nel 2010 dal partito per aver denunciato apertamente la presenza di una estesa corruzione dentro le fila del PCC, affermò che “la corruzione sta distruggendo la rivoluzione, ci sono dirigenti che si arricchiscono nell’attesa della caduta del governo, per poter successivamente costruire il loro impero privato con i beni statali che amministrano”.

Senza dubbio una mente libera e controcorrente.
Fermo sostenitore dell’ideologia socialista in questo articolo espone come l’intellettualità sia una sfida pericolosa nelle attuali circostanze che sta vivendo Cuba.

La sfida dell’intellettualità
Di Esteban Morales

Nell’Aprile del 2010 scrissi che la corruzione è la sfida più difficile e pericolosa che dobbiamo affrontare.
Un problema di sicurezza nazionale.
Oggi vogliamo allertarvi sull’importanza che adotta l’intellettualità nel mezzo delle circostanze che vive il paese.

La scienza è una forma di potere, quindi non dobbiamo trascurare la sua dinamica e molto meno considerarla con meccanismi antidemocratici.

Cuba è l’unico paese di questo emisfero che non ha analfabeti, che conta su il livello medio di scolarizzazione più alto della regione, includendo Stati Uniti e Canada.
Quasi il 10% della popolazione ha un titolo universitario e possiede un “capitale umano” con un grado di penetrazione nel campo dell’attività scientifica, invidiabile da qualunque paese.

Vale a dire che il paese possiede un potenziale straordinario, se si dimostra capace di stimolare i compiti che deve svolgere per il cambiamento del modello economico e quello ancora più complicato, per far corrispondere questo cambiamento con la dinamica sociale e il cambio di mentalità che merita.
All’interno di questa dinamica, le scienze sociali e umanistiche sono chiamate per svolgere il ruolo fondamentale, insieme al lavoro culturale, essendo quelle forze che si trovano più vicino alla politica.

Al contrario si stanno producendo fenomeni che pregiudicano enormemente il ruolo di queste scienze e del lavoro culturale nella dinamiche sociali del paese:

- La nostra stampa, con una attitudine di sfiducia, settaria ed esclusivista, in generale esclude l’intellettualità dalle sue pagine, spostando le sue produzioni a media alternativi come intranet e internet, che però sono accessibili solo al 10% della popolazione.
Parlando in termini di dinamica informativa quotidiana, la più complicata, che determina le congiunture politiche nelle quali il paese si deve sviluppare.

- La relazione tra politica e scienze è ancora più debole. Osservando chiaramente una grande intolleranza nei confronti di quello che si scrive con matrice critica, o che esce dalle regole disegnate.

- E’ molto difficile l’accesso all’informazione su temi sensibili, permettendo che la nostra intellettualità rivoluzionaria resti in svantaggio all’interno del dibattito che ha luogo nei media stranieri, nella stampa, internet e nelle accademie fuori da Cuba.

- Si promuove la critica (Raul Castro lo ha dichiarato apertamente) ma allo stesso tempo la si frena.
Sembra che esistano due politiche, quella promossa dal presidente e quella che la burocrazia immobile vuole mostrare, in contraddizione con le guide generali.

- Si sviluppano iniziative che hanno dato vita a centri di dibattito della nostra realtà, vale a dire: Spazio Laico, Rivista Temi, Confraternita della negritudine, Osservatorio Critico, Rivista Criterio, UNEAC, etc. Però non si considera che la direzione ideologica del paese possa promuovere una relazione con questi centri, né che approvi i suoi risultati.
Si vede chiaramente che esistono, nonostante non siano graditi dalla direzione politica.
Per cui questi dibattiti sembrano realizzarsi in determinati ambienti ambigui a metà strada tra tolleranza e clandestinità.

- La televisione a sua volta utilizza in modo superficiale il potenziale di cui dispone all’interno dell’intellettualità, per poter chiarire e dibattere i temi di maggior interesse per la popolazione, soprattutto se sono interni.
Questi temi circolano di bocca in bocca dentro l’isola, ma in pratica li regaliamo alla stampa straniera, permettendole di specularci sopra e dominare così l’informazione che arriva alla popolazione.
Argomenti come: che è successo al cavo (di fibra ottica)? La dinamica della corruzione? E altri.
Così nel mezzo della straordinaria lotta ideologica che si sta liberando oggi restiamo in svantaggio, impedendo che la popolazione ci accompagni.

Voglio dire, che le relazioni tra le scienze sociali e umanistiche, cultura e politica, ancora non funzionano per poter trasformare questo meccanismo in un formidabile strumento di lavoro, per far avanzare i compiti che il paese deve sviluppare, questa inefficienza  sta risultando essere la più difficile crociata per la sopravvivenza.
Oggi nonostante il compito principale sia costruire il modello economico, le nostre sfide sono anche politiche e ideologiche.

Ovviamente affinché il meccanismo della relazione tra politica e scienza funzioni adeguatamente, sono necessarie certe condizioni che non siamo ancora in grado di conquistare come bisognerebbe. Tra le altre:

- E’ necessaria una critica aperta, come proclamato da Raul Castro.
Deve smettere di essere poco più di un orientamento politico o di uno slogan.
Deve diventare un modo d’essere politico.

- E’ necessario che ogni organizzazione politica e di massa, iniziando dal Partito, faccia di questa volontà di Raul Castro uno strumento permanente di lavoro.
C’è che dice che si può criticare tutto ma non il partito.
Che significa? Il partito non è forse il massimo dirigente della società e dello Stato?

- La fusione tra Partito, Stato e Governo isola in un vicolo senza uscita l’esercizio della critica.
Rinchiudendo la politica all’interno di un esercizio che rende impossibile la sua rettifica.

- E’ necessario che la popolazione abbia confidenza del fatto che la critica opportuna e trasparente possa essere effettiva.

- Bisogna rifiutare il rifugio nella mera individualità e promuovere tutto quello che permetta il pieno esercizio della responsabilità sociale davanti al malaffare.
Questo significa trasparenza informativa, democrazia all’interno delle organizzazioni, assenza di impunità, rispetto dell’opinione individuale anche se può essere fraintesa.

- Il cambio della mentalità deve abbracciare fortemente anche il lavoro culturale e l’intellettualità.
Quest’ultima deve sentire che può contare con la fiducia, la più alta considerazione del suo spirito creativo e della sua libertà di creare.
Al contrario si stabilirebbe una lotta che si concluderebbe isolando la maggior parte degli intellettuali del cammino socialista, quelli che non si isolano finiscono col perdere la loro capacità  di trascinare anche gli altri.

In tutti gli ex paesi socialisti dell’Europa dell’Est l’unione del lavoro politico con la cultura e l’intellettualità rappresentarono una sfida impossibile da superare.
I pesi dello stalinismo e la politica dei partiti comunisti risultò insufficiente per eliminare la sfida e misero fine alla possibilità che il socialismo potesse sopravvivere.
Non furono solo l’inefficienza economica, l’improduttività e la corruzione.
Fu anche l’incapacità dei partiti comunisti nel guidare le loro rispettive intellettualità, quello che produsse il crollo spirituale di queste società.

Nessun commento: