24 febbraio 2011

Riflessioni su Cuba: senza rivolte, il cambio può venire anche dal Governo

Da alcuni mesi ho iniziato a rivedere alcune mie posizioni in merito a Cuba, al Governo cubano, alla dissidenza dentro, ma soprattutto fuori dall'isola.
Devo premettere che la rivoluzione cubana è stata negli anni della mia giovinezza un punto di riferimento fermo e una guida costante nelle mie convinzioni anti-americane e anti-capitaliste, che hanno reso il mondo intero schiavo di un modello che i vari governi americani (o per meglio dire, le dinastie anglosassoni che di generazione in generazione decidono e pianificano come e dove i capitali devono essere trovati, o rubati) continuano a voler esportare in modo irrazionale in ogni paese al mondo, con l'unico scopo di rendere omogenee e soggette al loro "modello democratico" le culture e le tradizioni in ogni angolo del mondo.

Le banche, le multinazionali e le lobby delle armi, del petrolio, dell'industria farmaceutica, etc. hanno il solo obiettivo di accumulare potere economico per trasformarlo in egemonia politica e culturale ovunque sul globo, senza alcun rispetto per le differenze sociali e le tradizioni delle popolazioni della terra.
L'obiettivo è quello di cancellare le differenze culturali e storiche di qualunque paese al mondo, per sottometterlo all'unica legge che conoscono: il debito economico con le banche.
Il Fondo Monetario Internazionale è una vera e propria associazione a delinquere, che con la scusa di voler incrementare lo sviluppo dei paesi poveri, rende in realtà schiavi delle banche i cittadini di ogni parte del globo.
Non per niente la "globalizzazione" è diventato un dogma che non ammette repliche o critiche, chi tenta di opinare sulla sua legalità viene tacciato di "terrorista".

Coerentemente con questa mia visione geo-politica sono molto più critico verso chi incondizionatamente si schiera contro il Governo cubano, a prescindere da ogni cosa.
Credo che i problemi che esistono a Cuba siano reali e tangibili: i salari insufficienti, la dualità monetaria, l'impossibilità di spostarsi liberamente, le infrastruttre fatiscenti, il controllo ossessivo delle opposizioni.
Credo altresì che questi stessi problemi devono trovare una soluzione all'interno della sovranità di Cuba, che il Governo debba, e sta dimostrando di volerlo fare, risolvere questi problemi che stanno mettendo in crisi non solo la sopravvivenza della popolazione, ma quelle stesse conquiste sociali che la rivoluzione ha portato e difeso negli anni.

In quest'ottica voglio avere fiducia nella possibilità che con un graduale cambio nella politica economica e sociale del Governo, Cuba possa in futuro essere l'esempio di un "nuovo modello" da poter abbracciare per contrastare lo squallido panorama che i governi occidentali continuano ad ostentare con superbia e arroganza.
Invece di arringare il popolo cubano ad una rivolta popolare, voglio credere che i passi verso un cambiamento che il Governo sta intraprendendo siano il segno della volontà di correggere quegli errori che oggi rendono Cuba schiava di una crisi economica e sociale che potrebbe farla franare in un baratro senza ritorno.

Di seguito pubblico un'estratto dal documento "linee guida della politica economica e sociale" del VI° congresso del PCC che si terrà il prossimo Aprile.

Rob ferranti

[...]

In primo luogo c’è il problema alimentare, che lo stesso Raul ha definito una questione di sicurezza nazionale. Basti pensare che l’80% degli alimenti consumati in Cuba vengono importati, mentre il 50% delle terre coltivabili sono oziose. Per questo motivo si vuole adottare un nuovo modello di politica agroindustriale, incentivando la creazione di forme produttive non statali come le cooperative, continuando nel percorso già intrapreso da alcuni anni di cessione in usufrutto dei terreni oziosi di proprietà dello stato, con l’obiettivo di aumentare la produzione di alimenti e di ridurre contemporaneamente le importazioni.

Per quanto riguarda invece il problema della scarsa ed inefficiente produttività, si cercherà di incrementarla innanzitutto attraverso incentivazioni di tipo salariali. Verranno incrementati i salari, ma soprattutto verrà rafforzato il ruolo del lavoro nella società, come mezzo fondamentale per contribuire allo sviluppo della società ed alla soddisfazione delle necessità personali e familiari.

[...]

Il sistema di pianificazione socialista continuerà ad essere il mezzo principale per la direzione economica nazionale, consapevoli che solo il socialismo è capace di dare una risposta agli attuali problemi e di preservare le conquiste della rivoluzione. Allo stesso tempo però, con l’obiettivo di rispondere alla priorità di sviluppo economico del paese, sarà necessario riconoscere e stimolare, in aggiunta all’impresa statale socialista che permane la forma principale di gestione economica nazionale, altre forme quali le imprese a capitale misto, le cooperative ed i lavoratori in proprio. In particolare, nel settore dei servizi, per molte attività fino ad ora di competenza esclusivamente statale, verranno rilasciate nuove licenze a lavoratori in proprio, in modo da creare un nuovo settore di lavoro privato che potrà riassorbire i lavoratori in esubero dai rami più improduttivi dell’economia nazionale. Si pensa in questo modo di alleggerire le spese dello Stato e di migliorare contemporaneamente i servizi. A queste nuove forme di lavoro in proprio verrà inoltre applicato un regime tributario che avrà l’effetto di trasformare tali servizi da una voce di spesa ad una fonte di guadagno per lo Stato che potrà poi reinvestire tali introiti nella difesa delle conquiste sociali più importanti quali educazione e salute pubblica.

[...]

L’obiettivo finale dichiarato è l’abolizione della doppia moneta, ma si tratta di un obiettivo a lungo termine raggiungibile solo mediante lo sviluppo economico del paese. Per ottenere tale sviluppo verranno favoriti gli investimenti nei settori industriali di carattere strategico per l’economia nazionale. Sarà necessario però trovare fonti di finanziamento alternative a quelle statali che fino ad ora non sono state in grado di arrestare il processo di de capitalizzazione dell’industria e di deterioramento dell’infrastruttura produttiva del paese. Pertanto si continuerà a favorire la partecipazione di capitale straniero come complemento agli investimenti nazionali, cercando di garantire nei settori strategici dell’economia nazionale, l’accesso a tecnologie avanzate, la diversificazione e l’ampliamento dei mercati per le esportazioni, la progressiva sostituzione delle importazioni. Ma non si tratta di un semplice sviluppo quantitativo delle forze produttive del paese, contemporaneamente infatti si continuerà a favorirne lo sviluppo qualitativo, destinando ancora gran parte delle risorse alla ricerca scientifica e tecnologica che ha fatto di Cuba un paese all’avanguardia in molti campi come la biotecnologia, la bioinformatica e la nanotecnologia, ma anche continuando a sostenere gli studi sull’ambiente e sull’uso razionale delle risorse naturali.

fonte Granma

2 commenti:

nino ha detto...

dipende da cosa intendi per cambi. Se li intendi solo dal punto di vista economico, certamente si, poichè è evidente che l'obiettivo è l'aumento della produttività, senza la quale si è obbligati ad importare dall'estero, a tenere bassi i salari, la doppia moneta e le piante organiche gonfiate.
Se li intendi anche dal punto di vista politico, no, non ci saranno cambi.
Il partito è destinato, per volontà del partito stesso, a continuare a detenere il monopolio del potere.
Si, certamente i prigionieri politici saranno ridotti, anzi è possibile che non ce ne sarà nemmeno uno fra qualche tempo, ma è evidente che i dissidenti saranno osteggiati, fermati alcune ore o giorni ed anche licenziati se considerati scomodi.
Un partito unico, se vuole sopravvivere, non può fare diversamente.

Roberto Ferranti ha detto...

Sono fiducioso nella possibilità che a medio lungo termine, pur mantenendo un partito unico, si possa dialogare con le opposizioni, credo che gli schemi politici che conosciamo siano essi democrattici o dittatoriali, siano in fase di estinzione, tra l'altro non credo abbiamo neanche più senso... forse sarebbe il caso di disegnare nuove dinamiche politiche più pragmatiche e mirate ad un benessere socio-economico piuttosto del paese che a concentrarsi su ideologie che se non vengono aggiornate diventano obsolete alla velocità della luce. Non sò certo proporre un disegno politico di questo tipo, ma credo valga la pena iniziare a pensarlo