28 gennaio 2011

Vivere a Cuba: rivoluzioni

di Claudia Cadelo dal blog Octavo Cerco
foto di Penultimo Dias


Ho tradotto da poco (sopra il post tradotto in italiano) un' intervista fatta a Michael Palmy nella rivista "Le Temps". Mi interessava, soprattutto, promuovere l'opinione dell'uomo che ha firmato quasi tutti i files inviati dall'Ufficio di Interessi degli Stati Uniti all'Havana filtrati da Wikileaks. Tutti corriamo dietro questi files anche la "Mesa Redonda" (programma politico della televisione cubana n.d.t.) ha trasmesso un documentario su Julian Assange e il fenomeno Wikileaks. La polemica è grande e confesso, a malincuore, che la mia visione sul tema è in piena combustione. Per questo non avevo scritto in merito, però vedendo che il tempo passa e non riesco a farmi un'idea precisa, allora mi lancio, come si dice quì, dall'autobus in corsa e scrivo questo post pieno di dubbi, e anche speranze, ovviamente.

Capisco bene l'apprensione di Michael Palmy, all'ex capo di sezione preoccupa che le fonti siano identificate. Anche a me inquieta molto. Quando lessi i files sulla dissidenza interna e potei identificare, nonostante le X sopra i presunti nomi propri, seppi che anche la Sicurezza di Stato li avrebbe riconosciuti.
Purtroppo questi non sono nomi di funzionari del Governo cubano nè di militari di rango, ma di semplici cittadini che provano a sfiduciare un regime che non accetta critiche nè opposizione. Senza dubbio i files dove rappresentanti della società civlie possono essere riconosciuti presuppongono un rischio per la libertà e il lavoro di queste persone. Da parte mia nego di qualificare questo rischio come "il danno minore" -così lo chiamano alcuni amici-. Penso che Wikileaks ha il dovere di perfezionare il suo lavoro di edizione per garantire alle fonti la protezione che meritano.

Invece, diamo a Cesare quel che è di Cesare. Quando altri amici mi assicurano che Julian Assange e il suo gruppo non sono giornalisti, manifesto che il concetto di "giornalista" sta diventando obsoleto di fronte alle nuove tecnologie. Wikileaks arrivò per provarci che il diritto all'informazione non è una mera utopia e senza dubbio stabilisce nuovi standard sia per la diplomazia che per i media tradizionali. Mi sembra che non ha molto senso negare la realtà: Wikileaks è. Con lui dovremo vivere e da lui dobbiamo imparare. E', giustamente questo, il potere dei cittadini al quale aspiro: io ho il diritto di sapere quello che i politici pianificano di fare con il mio futuro.

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