08 gennaio 2009

Vivere a Cuba: non ci mancano i dittatori, in nessun luogo, per nessuna ragione

Da un’intervista di Carlos Fuentes a Pablo Milanes, realizzata a Madrid durante il suo recente tour in Europa.
Estraggo un passaggio in cui il musicista cubano parla della situazione che si vive oggi sull'isola e di cosa desidera per il futuro del suo paese:
“…Questo socialismo ha dato tutto quello che poteva dare, siamo paralizzati e dobbiamo fare delle riforme…”
Pablito Milanes, considerato uno di quei musicisti non proprio in dissidenza con il regime dell’isola, mi sorprende con una visione chiara e diretta dei problemi della realtà cubana.

da Canasanta.com

Mi parli della sua isola, come ha lasciato Cuba?
Abbastanza male. Dopo tre cicloni, una crisi che non trova soluzione e dei dirigenti che fanno nulla per far avanzare il paese che è nuovamente nel mezzo di questa paralisi. Se a questo si somma la crisi mondiale, allora siamo messi male.

Non crede che Raul Castro possa dare uno slancio in avanti?
Io con credo in nessun dirigente cubano che abbia più di 75 anni, perché tutti, secondo me, hanno passato i loro momenti di gloria, che furono molti, però credo che siano già pronti per essere ritirati. Bisogna passare il testimone alla nuova generazione, affinchè realizzino un nuovo socialismo, perché questo socialismo è stanco. Ha già dato tutto quello che poteva dare, momenti di gloria, che perseverano nella memoria, però dobbiamo fare delle riforme in moltissimi aspetti della rivoluzione, perché i nostri dirigenti non ne sono più capaci. Le loro idee rivoluzionarie del passato si sono trasformate in reazionarie e questa reazione non permette di continuare, non lascia avanzare la nuova generazione che vuole forgiare un nuovo socialismo, una nuova rivoluzione che bisogna fare a Cuba.

E la storia assolverà questi vecchi rivoluzionari?
Si, credo di si. Devono semplicemente ritirarsi, però non credo che bisogni giudicarli. Hanno fatto quello che al loro tempo bisognava fare. Semplicemente, oggi, non stanno facendo quello che dovrebbero fare.

Cosa la rende più triste?
La situazione è tale che un cubano non po’ più vivere di promesse. Le vecchie conquiste sono qui. Bisogna proseguire verso nuove conquiste. I dirigenti cercano di comprendere pensieri e dinamiche nuove, che i non riescono ad esercitare. Siamo paralizzati in tutti i sensi, facciamo piani per un futuro che non arriva mai. I giovani cubani si formano scolasticamente in maniera completa, però poi devono emigrare per progettare quello che hanno studiato. Nemmeno un esilio politico è così triste come l’esilio economico, visto le poche possibilità che abbiamo nel nostro paese.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Grande Rob, è sempre un piacere leggere il tuo blog.
Ciao
Stefano