da Baracutey Cubano
Cinquanta anni dopo, cosa pensa la generazione dalla quale dipende il futuro di Cuba?
Sahilì Navarro (nella foto), figlia del prigioniero politico Fèlix Navarro, è nata l’11 Marzo del 1986 a Isla de la Joventud. Attualmente risiede in località Perico, Matanzas, frequenta il terzo anno di Diritto in una “sede universitaria municipale”.
Nel 2004 scrisse una lettera “forte” a Fidel Castro: “Il mondo sarà testimone e lei si convincerà ancora di più che a Cuba esistono uomini e giovani capaci di qualunque sacrificio per un ideale, nonostante il terrore che ha seminato per più di quattro decadi e che continua anche oggi, come una macchina repressiva, la più diabolica del mondo […] Fidel, non è mai tardi per un popolo per costruirsi il suo cammino, senza catene che impediscano la sua totale indipendenza”, disse in quella occasione.
Cosa ha significato la rivoluzione?
Lo slogan “con la rivoluzione tutto, fuori da lei niente” può essere una introduzione per poter comprendere quello che questi 50 anni hanno significato per il popolo cubano, per la famiglia, 50 anni di molto dolore e sofferenza.
Il governo di Fidel ha diviso il popolo cubano sin dall’inizio. Se facciamo un censimento casa per casa, constateremo che questa è la realtà, non esiste una località che non abbia un membro della famiglia imprigionato, fuori o dentro il paese aspettando di andarsene, precisamente per l’arbitrarietà con la quale vengono trattati i cubani all’interno dell’isola.
Noi cubani necessitiamo sentirci e considerarci degli esseri umani pensanti, non esseri guidati, come abbiamo sperimentato in questi 50 anni di dura tirannia, della dittatura di Fidel Castro. Siamo completamente chiusi, stanchi e improduttivi, pieni di problemi, e di questi problemi non possiamo incolpare l’imperialismo, come facciamo normalmente. Vediamo anche che il regime ha ucciso lo spirito creatore della vita, possiamo vedere che la più piccola espressione non ufficiale è considerata “propaganda nemica” e sono repressi e incarcerati tutti coloro che in una forma aperta hanno un’idea molto differente dal regime castrista e cercano di lottare per la libertà.
Come figlia di un prigioniero politico, come vede il futuro?
Con la dittatura di Fidel, che oggi prosegue con Raul, il futuro per le giovani generazioni, soprattutto per chi ha famigliari prigionieri politici e che hanno una visione opposta rispetto a quello ufficiale, il futuro appare molto triste, perché siamo costantemente accerchiati, non ci si permette di continuare studi universitari, perché la cosa più importante è stare con la rivoluzione, solo così si può aprire il nostro cammino.
Se tu decidi di appartarti, di non continuare divulgando le idee ufficiali, bè la vita continua male. L’unica cosa che ci resta è lottare per i nostri ideali, che è realmente giusto. Sono stati 50 anni di lotta, perché sin dall’inizio si sapeva che erano in molti a non essere in accordo con questo sistema, continuando per molti anni, continueremo la lotta perché sappiamo che le nostre idee sono giuste e che un mondo migliore per noi sarà possibile. Siamo alle porte di un cambio dentro Cuba.
Che opinione meritano le cosiddette “conquiste della rivoluzione”?
Quando conclusi il 9° grado (3° media) decisi di non entrare in una scuola di provincia, scelsi di spettare i 17 anni di età per poter arrivare alle superiori in una facoltà. In questa facoltà non si studia per una carriera. Tre anni dopo abilitarono le sedi universitarie per le persone che lavorano o che sono svincolate da altri studi. Scelsi quest’ultima possibilità. Mi hanno permesso l’accesso ad una carriera in questo modo, vedremo se mi permetteranno di finire gli studi. Sono al terzo anno, di sei. Devo aspettare per vedere se mi permetteranno di laurearmi. Ad altri figli di prigionieri è successo che all’ultimo anno di studi, sono stati espulsi dall’università.
Cosa ti piacerebbe fare che non puoi fare?
Essere una persona libera. Le persone che non seguono le idee del regime le consideriamo libere, anche se ci reprimono, ci accusano, ci portano in prigione, anche se abbiamo famigliari che in questo momento stanno scontando ingiustamente delle condanne. A parte tutto questo, ci sentiamo libri. Urliamo ai quattro venti al mondo intero, quello che sentiamo, quello che accade al popolo cubano. Questa è la cosa più importante.
Quello che mi piacerebbe in questo momento è che Cuba fosse pluralista. Vogliamo vivere in libertà e che si rispettino i diritti umani, che le persone siano considerate per quello che sanno, per quello che sono capaci di apportare per il bene della nazione. Il giorno che otterremo questo, il resto fluirà con facilità e avremmo così il cammino aperto.
E’ passato un altro anno e tuo papà continua ad essere in prigione…
Per le persone libere, che vivono in quei paesi dove si rispettano i diritti umani, gli ultimi giorni dell’anno, il Natale, sono giorni di incontri con le famiglie. Tra non molto saranno sei anni da quando non posso celebrare queste date con mio padre, questo succede in molti posti a Cuba: molti famigliari sono in prigione e non possono celebrare.
E’ triste avere un famigliare in prigione. Soprattutto se non commesso alcun delitto. E’ in prigione per la vendetta di un uomo. E’ triste essere lontani da una persona alla quale si vuole bene. Però sapere che queste persone restano ferme sulle loro convinzioni, ci fanno sentire molto più forti e sicuri di ciò che presto vedremo, alla fine del tunnel, la luce che desideriamo.
Hai ricevuto appoggio o rifiuti dai tuoi vicini di casa?
Vivo a Perico, vicino a Matanzas. Vivo qui da 18 anni, sono a Isla de la Juventud. Siamo venuti qui per riunirci con la famiglia. La gente qui non è numerosa, però a me piace moltissimo.
Si usa dire che il successo ha molti padri, mentre il fallimento è orfano. Tra poco saranno passati sei anni dall’ondata repressiva del regime del 2003. Da quella data sono state molte le manifestazioni di solidarietà che abbiamo ricevuto, non solo dai vicini, ma anche da persone di varie parti del mondo. Questo ci rafforza, ci conforta moltissimo e ci dà forza per continuare a lottare.
Quello che più mi infastidisce, non solo della mia provincia, ma di tutta Cuba, è la censura che viviamo, imposta da questa ferrea dittatura.
Cosa credi che debba succedere all’isola perché possa cambiare la situazione? Una transizione con riforme o una rottura totale?
Non saprei dire con certezza come prevedo questo cambio. Quello che posso affermare è che l’opposizione all’interno di Cuba è pacifica. Mentre la dittatura dei Castro si mantiene al potere noi continueremo una lotta civica e non violenta sino a quando raggiungeremo la libertà. Vogliamo realizzare i nostri sogni e aspirazioni, fin a quando questi siano la realtà e non “chi non stà con la rivoluzione non ha opzioni, non ha futuro”.
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