da Octavo Cerco
quadro di Claudio Fuentes Madan
Le ragioni di entrambe le decisioni sono ugualmente importanti per me. Il sacrificio di qualunque delle due opzioni è grande.
Credo che si possano fare cose sia da dentro che da fuori di questo paese, questo non è la cosa importante. Quello che mi sembra importante è NON giocare quel gioco di chi sta facendo qualcosa da qualche punto del pianeta e che tutti credano che tutti sono della Sicurezza di Stato o opportunisti. Sembra che il lungo braccio della paranoia è giunto a calarsi all’interno di molte delle nostre menti sino ad un livello assurdo.
Decidere di restare non implica il fatto che ci saranno cambiamenti a Cuba nei prossimi 50 anni, non voglio peccare di ingenuità così che la disillusione si converta domani in pentimento. Invece, restare significa rinunciare per un tempo indefinito a quei diritti che mi spettano come cittadina, alcuni dei quali accetto perché mi và, anche se non sono legittimati, come afferma Mariela Castro nella sua strana lettera, “no”, diretta a Yoani Sanchez (sembra in modo eccezionale nella storia della scrittura, visto che oggi i testi che si scrivono su Yoani da Cuba sono di persone che NON sono interessati a lei o nemmeno sanno chi lei sia).
D’altra parte, decidere di andarmene, credo che sarebbe, contraddittoriamente, rinunciare a tutta la speranza di un possibile cambio nei prossimi 50 anni. Però come non sognare un mondo dove la paura e la paranoia non esistono, dove venga pagata per il mio lavoro, dove si parla di gratificare con 60 milioni di dollari non so quale personaggio, quando il resto dei comuni mortali vivono con 20 CUC al mese e senza gratitudine (viaggi, vacanze a Varadero o ai Cayos, dove io non posso entrare) e dove sparlare degli altri, come ho già detto, è stato istituzionalizzato, se qualcuno ha dei dubbi cito:
“Non si può dirigere e controllare e allo stesso tempo essere tollerante… Da qui i vari aggettivi, di solito denigranti, rivolti a chi attua come realmente bisogna attuare.”
Discorso di Raul Castro alla Assemblea Nazionale del Potere Popolare, Habana, 27 Dicembre 2008.
Se faccio un bilancio del vocabolario utilizzato dal governo in questo ultimo mese, spiccano chiaramente due parole, Odio e Intolleranza, non so di che cambio si parla in non so che periodo di tempo con sintassi semantiche, grazie, però credo che preferisco Guatemala, perché senza dubbio stiamo entrando in Guatapeor.
2 commenti:
triste non lo avevo letto,, chissa cosa pensano gli altri che passano per queste blog.
saluti
la traduzione chi la ha fatto, vorei postear nel mio blog,,saluti
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