Finalmente Yoani Sanchez è uscita da Cuba. Può viaggiare liberamente, anche grazie alla cospicua disponibilità economica che può vantare (a proposito ma dove li terrà i soldi?), un lungo viaggio per mezzo mondo che durerà 80 giorni (quanti se lo possono permettere, e non solo a Cuba?). Questa è la prova tangibile che la sua popolarità la rende una privilegiata, soprattutto a Cuba, e quindi ancora più distante dal quel popolo cubano del quale si è autoproclamata portavoce mondiale. Io Yoani l’ho conosciuta personalmente, l’ho intervistata all’Havana nel 2008, quando il suo nome iniziava a diffondersi in rete. Devo ammettere che per un periodo di tempo l’ho ammirata molto, ho pubblicato articoli che esaltavano il suo impegno e la sua attività di blogger oppositrice al governo. A quel tempo ero molto più radicale, un intransigente critico del “regime”. Poi con gli anni ho approfondito la realtà dell'isola, ho conosciuto Cuba più a fondo. Ho studiato la politica, l’economia, la storia delle democrazie del blocco occidentale. Ho vissuto e continuo a vivere sulla mia pelle il disfacimento di quel modello democratico che lei, insieme ad un piccolo ma vorace gruppo di dissidenti, vorrebbe applicare alla “sua Cuba”. Non solo, ho visto come il suo personaggio negli anni si è lentamente trasformato in “paladina assoluta della verità”, come il suo vittimismo e le sue interpretazioni della realtà diventavano sempre più romanzate, forzate, spesso falsate o abilmente manipolate. Ma soprattutto assisto quotidianamente al suo desiderio di protagonismo. Si è creata un personaggio che si erge al di sopra di quelle realtà che si ostenta a denunciare e dalle quali è sempre più distante.
Il suo giro del mondo si può comparare a quello di una star internazionale. Terrà molte conferenze nei paesi che visiterà, sempre accolta con grande devozione e ammirazione incondizionata, ma anche con molte critiche. Conoscerà gli Stati Uniti, il Brasile, Argentina, Canada, Perù, Spagna, Italia, Polonia, Germania, Paesi Bassi e Svizzera (scusate se ne dimentico qualcuno).
E’ ovviamente innegabile il diritto universale di poter viaggiare liberamente per il mondo ed è elogiabile che anche a Cuba si possa reclamare lo stesso diritto. E’ altresì innegabile il diritto di esprimere liberamente le proprie idee e opinioni nel proprio paese e ovunque al mondo.
Nonostante questo è bene chiarire un paio di aspetti della Yoani International che forse sono sconosciuti a qualcuno. La prima cosa che da sola potrebbe spiegare il mio disappunto, per essere moderato, nei confronti della Y. Superstar è la sua dichiarazione rilasciata appena sbarcata in Brasile: “Per ristabilire le relazioni con gli Stati Uniti, Cuba deve optare per un modello di democrazia che esigono Washington e altri paesi.” Avete letto bene, “che esigono”. Alla luce di questa affermazione non mi sembra esagerato quando leggo che Y. è considerata una “mercenaria” dai rivoluzionari cubani. E’ già noto che viene generosamente retribuita per il suo lavoro di giornalista da periodici e quotidiani esteri, spagnoli, italiani, statunitensi e non solo. Ora è anche vice presidente regionale della SIP (Società Interamericana della Stampa) con sede negli Stati Uniti, con uno stipendio (pare) di $6000 al mese. Le vengono riconosciuti premi internazionali con cospicui compensi in denaro come scrittrice e viene considerata una dissidente valente e senza paura. Il suo stretto rapporto con la SINA (Sezione di Interessi Nordamericani all'Havana) è ben noto, diversi "cables" resi pubblici da Wikileaks ne confermano le relazioni sia economiche che di strategia politica.
E’ insomma perfettamente inserita in quel panorama internazionale ipocrita e bigotto che dall’alto di una posizione sociale privilegiata e composta da personaggi elitari della ricca e liberista borghesia occidentale, stanno sull’uscio dell’isola caraibica in attesa di approfittare del minimo sbandamento socio-politico del sistema cubano e così riconquistare la tanto ambita roccaforte strategica per l’accesso all’America Latina.
Quello “spirito libero” e indipendente che tanti ammiratori le conferiscono non mi sembra poi così indovinato, anzi lo considero un eufemismo esagerato, considerando il vero obiettivo che oramai si è insinuato nella sua volontà: Cuba libera e democratica, il 51° stato degli Stati Uniti d’America!
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