Yoani Sanchez e Reinaldo Escobar |
Il
fermo di polizia al quale sono sottoposti Yoani Sanchez e Reinaldo Escobar sta
suscitando molto scalpore nella comunità internazionale.
Il ministro degli
esteri italiano Giulio Terzi si è unito a molti paesi occidentali, Stati Uniti in testa,
nel manifestare la sua “preoccupazione” in merito alla situazione della Sanchez.
E’
lodevole, ma vorrei ricordare al ministro che proprio oggi la polizia italiana
ha duramente attaccato e ferito diversi studenti a Milano, Roma e Torino che
sfilavano pacificamente per le vie della città protestando per le forti
restrizioni economiche applicate dal governo Monti alla scuola e più in generale a tutti i cittadini italiani.
oggi a Roma |
Ora
mi domando con quale ipocrisia si condanna un’azione della polizia cubana atta
a prevenire eventuali disordini durante il processo a Carromero e ignorare un’attacco
violento della polizia italiana nei confronti di studenti adolescenti che
esprimono il loro dissenso pacificamente.
Da
parte mia la condanna per i due episodi è la medesima, la mia coerenza mi porta a
condannare entrambi gli atti repressivi.
Madrid |
Quello cubano perché è un’ennesima azione atta a voler reprimere con l’intimidazione chi contesta quello che
considera un processo farsa, a torto o a ragione, sia o no pagata dagli USA.
Quello
italiano, ancor più grave, perché nell’indifferenza di ogni schieramento politico,
reprime violentemente e brutalmente dei giovani che dovrebbero poter esprimere
il loro scontento liberamente in uno stato “considerato democratico”.
New York |
Mi
domando quale sia la sottile linea d’ombra che divide i due avvenimenti.
Perché
episodi come quello di oggi in Italia, oppure quelli di Madrid dei giorni
scorsi nei confronti degli “indignados”, o ancora quelli di New York contro “Occupy
Wall Street” siano tollerati, ignorati, tacciati come “violenza urbana”, da quella
stessa comunità internazionale che si mostra così unita quando episodi molto
meno crudeli e cruenti accadono a Cuba, un paese socialista, fuori dai canoni “democratici”
occidentali e soprattutto lontano dal circuito liberal–imperialista che unisce
la fratellanza dei paesi del così detto “primo mondo illuminato”.
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