03 settembre 2012

Dissidenti a Cuba: dove finiscono i 20.000.000 di dollari che ogni anno gli USA devolvono alla dissidenza?


Tra pochi giorni inizierà a Cuba il processo a Carromero, il leader giovanile del Partito Popolare spagnolo che guidava l’automobile dove morirono il principale rappresentante della dissidenza cubana Oswaldo Payà e l’altro oppositore Harold Cepero.

La tragedia avvenne mentre giravano l’isola cercando proseliti per la loro causa, illustravano come organizzare gruppi giovanili e dstribuivano soldi. All’apparenza pretendevano rianimare la dissidenza per stimolare la lotta per la democrazia e i diritti umani.

Si potrebbe pensare che si tratta di una campagna mondiale, ma di sicuro sta accadendo solo a Cuba.

Come mi ha spiegato Aron Modig (foto sotto), lo svedese compagno di avventure di Carromero, loro non si recano in nessun altro paese del mondo per offrire un aiuto di questo tipo.

Il fatto non è che mancano dittature nel pianeta, ma alcune sono loro alleati politici e altre sono produttrici d petrolio. Così per quanto possano essere ottimiste le donne saudite, nessuno le finanzia nè le insegna come organizzarsi in difesa dei loro diritti.
Le elezioni a Cuba hanno una chiara matrice ideologiaca, ma lo morte di Payà mette in rilievo il dibattito sulla convenienza di devolvere denaro e tecnologie alla dissidenza per rafforzarla o se lasciare che si sviluppi da sola.

Da quasi mezzo secolo Washington la appoggia e finanzia pubblicamente. Nessun presidente nasconde il fatto che ogni anno vengono devoluti $20.000.000, nonostante ciò l’opposizione interna continua ad essere piccola e carente d'influenza sociale.

Il capo della diplomazia USA all’Havana, Jonhatan Farrar, ha riconosciuto in un dispaccio del Dipartimento di Stato che i cubani hanno “una ignoranza praticamente totale delle personalità della dissidenza e delle sue organizzazioni”.

Nel messaggio, rivelato da Wikileaks, il funzionario statunitense denuncia il fatto che gli oppositori “sono più preoccupati nell’ottenere denaro piuttosto che portare le loro proposte a settori più ampli della società cubana”.

L’analisi di Farrar è dura ma ha la virtù di mostrare i “danni collaterali” che questi finanziamenti provocano alla dissidenza, sfuocando politicamente il suo disegno essenziale che dovrebbe essere aumentare il numero dei cittadini nella lotta contro il governo.

E’ ancora più difficile da capire perché si genera così una forte dipendenza dall’estero, la quale potrebbe spiegare il motivo per il quale la dissidenza cubana si identifica sempre più con esigenze degli USA o dell’Europa, e molto meno con le aspirazioni del cubano comune.

Mentre l’opposizione alza la bandiera la pluripartitismo, l’economia di mercato e i diritti umani, la maggioranza dei cubani è preoccupata per il prezzo degli alimenti, la doppia moneta, i bassi salari, la scarsità del cibo e il trasporto pubblico.

La politica degli USA e dell’Europa non conosce la realtà dell’isola, tanto è vero che mandano Alan Gross in prigione per portare equipaggiamenti tecologici per connettersi a internet quando migliaia di cubani comprano le connessioni al mercato nero per $50 al mese.

Con solo $1000 si creano imprese clandestine fornite di connessioni televisive via cavo che riempono il quartiere intero di televisioni satellitari con canali da tutto il mondo, mentre Washington perde decine di milioni per finanziare TV Martì, che nessuno può vedere.

Anche se alcuni credono di avere la soluzione per il “problema cubano”, Anita Ardi, la svedese che accusò Julian Assange, portava a sua volta denaro a Cuba, però pretendeva dirigere i dissidenti, cosa che fece interrompere le relazioni, stando a quanto mi ha detto Manuel Cuesta leader del gruppo oppositore Arco Progessista.

Ora inviano un altro svedese e uno spagnolo per insegnare come organizzare gruppi giovanili d’opposizione, ma di sicuro le realtà dei loro paesi sono molto differenti da quelle di Cuba, tanto che dubito molto che le lezioni impartite possano risultare di qualche utilità.

I consigli esterni non sembra diano buoni risultati. Il numero degli oppositori continua ad essere minimo, Oswaldo Payà in 5 anni era riuscito a raccogliere solo 15.000 firme per cambiare la costituzione e la dissidente Marta Beatriz Roque assicura che in totale l’opposizione conta 20.000 membri.

Inoltre la crescita dei gruppi è molto lenta. Berta Soler, portavoce delle Dame di Bianco, mi ha detto che all’inizio erano 30 donne e quasi una decade dopo sono 130 in tutto il paese. Sono aumentate di solo 10 donne all’anno.

E non aumentano nonostante la rivoluzione abbia perso molta gente a causa della crisi economica. Sembra che risulti più attraente approfittare della facilità migratoria offerta dagli USA e EU che aggiungersi ai gruppi oppositori.

Se la dissidenza pretende convertirsi in una alternativa politica necessiterà transitare per un cammino più indipendente e autoctono che raccolga le richieste e le aspirazioni di una parte dei cubani, per aggregarli e creare una forza che abbia un peso sociale.

Ma questo cammino non passa per Madrid o Stoccolma, nessuno stregone nordico conoscerà tanto i cubani come i cubani stessi. I consiglieri di cui ha bisogno la dissidenza sono molto più vicini di quello che si immagina, sono i loro stessi compatrioti.

di Fernando Ravsberg da Cartas desde Cuba

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Finchè si resta in supporto economico che possa consentire ai dissidenti di promuovere pacificamente la democrazia... non vedo cosa ci sia di male.
Anche i mazziniani erano quattro gatti all'inizio, anche Garibaldi sembrava un folle. A loro dobbiamo l'Italia.

Se la dittatura cubana isola... tutto ciò che invece "mette in contatto" è giusto. giustissimo.

Roberto Ferranti ha detto...

il punto è che non si capisce dove finiscono i soldi... sembra che non si utilizzino molto per creare proseliti tra i cittadini, ai cittadini non gli interessa quello che fa l'opposizione, hanno esigenze diverse che non vengono comprese nè promosse.

Anonimo ha detto...

Però senti Roberto... la Sanchez è seguita ogni giorno. Quel folle professore francese ha scritto un articolo per informare il mondo che la Sanchez va nei ristoranti... il problema è altro. Il problema è che il partito unico è da regimi dittatoriali. Tutto ciò che comporta possibilità di "visibilità" a mio avviso è benvenuto. Cuba è un'isola militarizzata, ogni 100 metri c'è un poliziotto... i dissidenti combattono con telefonici e chiavette internet.

Anonimo ha detto...

a me non interessano i 20 milioni USA. a me interessano i dissidenti.
E se è vero che hanno finanziato 20 milioni... li stanno utilizzando per i generali cubani che dovranno gestire il dopo Castro.