21 gennaio 2009

Vivere a Cuba, Yoani: vieni e vivilo

da Generaciòn Y traduzione di Gordiano Lupi

Ispirata da una delle tante propagande turistiche, mi è venuta un’idea per attirare visitatori sull’Isola. Non si tratta di un viaggio ecologico per le piazze e i monumenti del paese. Un soggiorno “alla cubana”, potrebbe essere lo slogan di questa campagna turistica, condannata in anticipo al disinteresse dei suoi possibili fruitori. Vieni e vivilo, reciterà la copertina della tessera di razionamento che verrà consegnata a chiunque voglia provare questa avventura.


L’alloggio non avrà niente in comune alle camere di lusso che esibiscono gli hotel di Varadero e Cayo Coco, perché i nostri operatori turistici suggeriranno stanzette in Centro Avana, casupole a Buena Vista e un affollato rifugio di danneggiati dagli uragani. I turisti che compreranno questo pacchetto non potranno utilizzare moneta convertibile e per le loro spese di due settimane dovranno contare sul salario medio di un mese: trecento pesos cubani. In questo modo, non potranno prendere un taxi da pagare in divisa, né guidare un auto noleggiata lungo le strade del paese; sarà obbligatorio l’uso del trasporto pubblico per chi è interessato a questo nuovo tipo di viaggi.


Per coloro che sceglieranno questa escursione saranno vietati i ristoranti, ma riceveranno un pane di ottanta grammi ogni giorno. Forse avranno la fortuna di ottenere mezza libbra di pesce prima che parta il volo di ritorno. Per spostarsi nelle altre province non potranno contare sulla compagnia turistica Viazul, ma invece di stare tre giorni in coda per un biglietto, avranno il vantaggio di comprarlo dopo solo una giornata di attesa. Sarà proibito salire su uno yacht o contrattare una tavola da surf, non fosse mai che finissero il loro soggiorno a novanta miglia invece che nel nostro “paradiso” caraibico.

Al termine della permanenza, i coraggiosi escursionisti otterranno un diploma di “conoscitori della realtà cubana”, ma dovranno venire qualche volta in più per essere dichiarati “adattati” al nostro assurdo quotidiano. Se ne andranno più magri, più tristi, con un’ossessione per il cibo che soddisferanno nei supermercati dei loro paesi e, soprattutto, con una terribile allergia per le pubblicità turistiche. Quelle dorate propagande che presentano una Cuba fatta di mulatte, rum, musica e balli, non potranno nascondere il panorama di cadute, frustrazione e inerzia che adesso loro hanno conosciuto e vissuto.

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