17 giugno 2008

Vivere a Cuba, Yoani: la mano che lancia i paletti

di Yoani Sanchez dal blog Generaciòn Y

Come il gioco dei paletti cinesi, dove si lanciano dall’alto dei sottili paletti colorati, così io e i miei colleghi ci siamo sistemati nell’enorme tavola del nostro globo. Quelli che hanno studiato nella stessa aula. Abbiamo scambiato idee e condiviso progetti, adesso possiamo fare una rete di filologi -graduati nell’università dell’Habana- dispersi nel mondo.
Marlen, di Matanza, vive dall’altre parte del mare e sta prendendo il dottorato, mentre Nelson -che fù il primo ad andarsene del suo anno- sono già quasi 6 anni che vive negli USA. Del poeta Josè Felix, sò che cantava suonando la chitarra nei bar di Madrid. Molti degli alunni di anni prima del mio, come Sahily e Yamile, vivono alla Gran Manzana o in qualche paese latino americano. La lista degli emigrati coincide, salvo rare eccezioni, con le matricole che nei miei anni di studio aveva la facoltà di Arte e Lettere.

Il paletto cinese, che sono io, è passato da un continente all’altro, però una forza gravitazionale l’ha riportato alle sue origini. Questo sì, senza risentimento a chi restò lontano. A tutti, una serie di circostanze ci mandarono di quà e di là. “La mano che lancia i paletti” in alcuni casi fù la necessità economica, la mancanza di aspettative o la semplice impossibilità di continuare a vivere sotto lo stesso tetto dei genitori e dei nonni. Ad altri, li portò lontano l’asfissia prima della mancanza di libertà, la voglia di gridare in un angolo, anche se nessuno ci scolta.

Aver perso tutti questi linguisti, critici d’arte e scrittori, rientra nella categoria di danni irreversibili per la cultura cubana. Invece, non sento nulla nei congressi culturali, nelle riunioni della UNEAC e men che meno nelle tribune politiche, di quelle frasi necessarie per sottolineare la fuga di massa dei miei colleghi. Nessuna mano sembra essre disposta a tornare ad unire tutti i “paletti”, a proporzionare a questi “filologi in fuga” la possibilità di avere un prorio tetto, di compiere qui i loro sogni professionali e di gridare -con libertà- in tutti gli angoli.







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