
A cuba, il Paese con la miglior impronta ecologica del mondo, si sta concretizzando una delle peggiori profezie dell’impatto del cambiamento climatico: una gran parte della Ciénaga de Zapata, la più grande e meglio conservata zona palustre dei Caraibi insulari, potrebbe scomparire entro la seconda metà di questo secolo.
Sarebbe una perdita terribile per la biodiversità, questo è l’habitat di 190 specie di uccelli di cui 18 endemiche come la ferminia (Ferminia cerverai), il cabrerito de la Ciénaga (Torreornis inexpectata) o la gallinella di Santo Tomás (Cyanolimnas cerverai), e si pensa che la zona umida ospiti il 65% delle specie dell’avifauna cubana, 12 specie di mammiferi, 31 di rettili, e circa mille specie di piante delle quali 115 endemiche. Ma gli animali più noti del Parco nazionale cubano sono sicuramente i coccodrilli cubani (Crocodylus rhombifer) e i lamantini (Trichecus manatus).
La ricchezza di biodiversità è dovuta alla presenza di basse lagune, pantani, savana e boschi dove scorrono fiumi, ma anche pozzi e lagune di acqua dolce collegati tra loro da un reticolo di gallerie sotterranee allagate di 70 chilometri, i famosi "cenotes". Un ambiente fragilissimo e sempre più colpito dall’aumento di numero e forza degli uragani tropicali che sembrano essere causati dall’aumento della temperatura del mare.

Allarmati da un pericolo sempre più evidente ambientalisti e tecnici cubani stanno studiando strategie per minimizzare l’impatto degli incendi e una campagna di sensibilizzazione sui rischi e le conseguenze del cambiamento climatico rivolta particolarmente alle comunità locali, fatta anche attraverso la proiezione del film "Cambio climático, el reto continúa", o con confronti con specialisti in discussioni comunitarie chiamate "barriodebate". L’idea, è quella di fornire alla gente la percezione del rischio e della necessità di gestire la grande zona umida in maniera razionale e sostenibile.
Secondo i ricercatori cubani il livello del mare nell’arcipelago di Cuba potrebbe salire tra 8 e 44 centimetri entro il 2050 e da 20 a 95 centímetri entro il 2100, provocando una riduzione di un quinto del dell’area terrestre della Ciénaga de Zapata, posta tra 1,5 e 4 metri dalla linea costiera. Ma 30 centimetri di innalzamento del mare comprometterebbero praticamente tutte le fonti di acqua dolce e l’acqua di mare invaderebbero i "cenotes" e danneggerebbero la rara flora e la fauna endemica portandone una gran parte all’estinzione.
Intanto questa area dichiarata riserva della biosfera nel 2000 e sito Ramsar nel 2001, deve già fare i conti con temperature in aumento ed un’aridità che tende a trasformarsi in desertificazione di zone esterne, con effetti notevoli sugli ecosistemi.
da GreenReport
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