24 agosto 2012

Cuba e USA: l'Habeas Corpus di Gerardo Hernandez


Il relatore speciale dell’ONU sull’indipendenza dei giudici e avvocati, Gabriela Knaul, ha espresso ufficialmente la sua inquietudine per la mancanza di trasparenza legale del procedimento nel giudizio contro i cinque agenti cubani detenuti negli USA da più di dieci anni.

All’apparenza la procura e il giudice hanno emesso il verdetto avendo nascosto delle carte nella manica, impedendo che la difesa avesse “accesso a tutte le prove disponibili e agli archivi dei documenti”. 
E’ una violazione del procedimento così elementare che compare addirittura nelle serie TV.

Ma gli errori processuali non si fermano qui, secondo il relatore dell’ONU le “Habeas Corpus” (…un prigionierio può essere rilasciato da una ingiusta detenzione, vale a dire, la detenzione non ha sufficienti prove o evidenze) presentate dalla difesa sono avvalorate “dallo stesso giudice che anteriormente aveva in carico il caso”, per le quali il giudice diventa parte interessata.

Il colmo della malignità è che la mano del governo USA ha tessuto il telaio facendo pressione sui tribunali per ottenere condanne più dure.
Prima e durante il giudizio, vari giornalisti di Miami avrebbero ricevuto denaro per scrivere articoli contro i cinque agenti cubani.

Effettivamente non sembra molto legale che il Potere Esecutivo cerchi di influenzare il Potere Giuridico, non sembra nemmeno molto etico che un giornalista accetti del denaro dal governo allo scopo di scrivere articoli per influenzare il risultato del giudizio in corso.

L’avvocato nordamericano Martin Garbus assicura che nel periodo 1998-2001 la comunità di Miami ha ricevuto, tramite  stampa, radio e televisione un arsenale propagandistico pagato dal governo per interferire nel processo e persuadere i giurati.

Secondo Garbus, una quindicina di giornalisti hanno ricevuto del denaro per scrivere contro i 5 agenti. 
Sembra che alcuni di loro guadagnavano segretamente, nemmeno i loro editori  sapevano che stavano lavorando per un altro padrone molto generoso, tanto che uno di loro è stato pagato $175.000.

L’Ufficio di Trasmissioni a Cuba del governo USA (OCB) si è visto obbligato ad accettare le accuse, quando il giornalista Oscar Corral ha rivelato che 50 suoi colleghi in Florida erano stati pagati da Radio Martì per produrre materiale appoggiando la posizione del Dipartimento di Stato contro Cuba.

Lo scandalo fù così grande che l’editore del maggiore quotidiano di Miami, Jesus Diaz, allontanò vari giornalisti adducendo che non si può “garantire l’obiettività né l’integrità se qualcuno dei nostri reporter riceve compensi in denaro di qualunque entità, specialmente da un’agenzia di Governo”.

Nonostante le dure parole dell’editore, la mancanza etico-professionale non sembra essere stata considerata molto grave, visto che pochi mesi dopo alcuni dei giornalisti tornarono a lavorare nella redazione come se non fosse successo niente.

Senza dubbio, si sono verificate così tante anomalie legali ed etiche che sembra logico che il relatore dell’ONU, Gabriela Knaul, guardi con sospetto l’indipendenza dei giudici in questo caso. 
In ogni caso c’era da aspettarselo che fosse così, tenendo conto dove si svolse il giudizio.

Miami è una città dove gli esiliati cubani hanno un enorme potere politico, economico e mediatico. 
Era molto improbabile che i cinque agenti cubani, confessi di vigilare e informare Cuba sulle attività della stessa comunità di Miami, potessero ottenere un giudizio equo.

L’ambiente di Miami va oltre l’odio verso Fidel Castro e arriva fino ai cittadini che vivono sull’isola. 
Nel maggior giornale della città appaiono diatribe assicurando che qualunque accerchiamento “deve essere costruito dai cubani stessi all’interno”.

Coloro che vengono descritti come “quelli che hanno accettato tutto, che hanno collaborato con tutto, quelli che denunciavano i loro compatrioti, quelli che da 50 anni riempiono la piazza di Fidel e applaudono annusandogli il culo”.

Però sembra che per Washington non fosse sufficiente l’ambiente naturale della città, così decisero che il loro apparato d’informazione ufficiale “bruciasse” centinaia di migliaia di dollari per infiammarlo ancor di più e creare un incendio di grandi proporzioni attraverso la stampa.

Nel mezzo di questo ambiente Gerardo Hernandez (nella foto) fù condannato a due ergastoli, per poter garantire che resterà dietro le sbarre anche se dovesse reincarnarsi in un’altra vita.
Adesso la sua difesa reclama un giudizio giusto, in una città senza pregiudizi, senza pressioni del governo né campagne stampa.

Il tema preoccupa anche le Nazioni Unite perché come ha affermato l’avvocato statunitense Martin Garbus “ogni dollaro per ogni articolo, immagine o programma radio televisivo che si è speso in questo piano segreto, ha violato l’integrità del giudizio”.

Nessun commento: