Il
relatore speciale dell’ONU sull’indipendenza dei giudici e avvocati, Gabriela
Knaul, ha espresso ufficialmente la sua inquietudine per la mancanza di
trasparenza legale del procedimento nel giudizio contro i cinque agenti
cubani detenuti negli USA da più di dieci anni.
All’apparenza
la procura e il giudice hanno emesso il verdetto avendo nascosto delle carte nella
manica, impedendo che la difesa avesse “accesso a tutte le prove disponibili e
agli archivi dei documenti”.
E’ una violazione del procedimento così elementare
che compare addirittura nelle serie TV.
Ma
gli errori processuali non si fermano qui, secondo il relatore dell’ONU le “Habeas Corpus” (…un prigionierio può essere rilasciato da una ingiusta detenzione, vale a dire, la detenzione non ha sufficienti prove o evidenze) presentate dalla difesa sono
avvalorate “dallo stesso giudice che anteriormente aveva in carico il caso”,
per le quali il giudice diventa parte interessata.
Il
colmo della malignità è che la mano del governo USA ha tessuto il telaio
facendo pressione sui tribunali per ottenere condanne più dure.
Prima
e durante il giudizio, vari giornalisti di Miami avrebbero ricevuto denaro per
scrivere articoli contro i cinque agenti cubani.
Effettivamente
non sembra molto legale che il Potere Esecutivo cerchi di influenzare il Potere
Giuridico, non sembra nemmeno molto etico che un giornalista accetti del denaro
dal governo allo scopo di scrivere articoli per influenzare il risultato del
giudizio in corso.
L’avvocato
nordamericano Martin Garbus assicura che nel periodo 1998-2001 la comunità di
Miami ha ricevuto, tramite stampa, radio
e televisione un arsenale propagandistico pagato dal governo per interferire
nel processo e persuadere i giurati.
Secondo
Garbus, una quindicina di giornalisti hanno ricevuto del denaro per scrivere
contro i 5 agenti.
Sembra che alcuni di loro guadagnavano segretamente, nemmeno
i loro editori sapevano che stavano
lavorando per un altro padrone molto generoso, tanto che uno di loro è stato
pagato $175.000.
L’Ufficio
di Trasmissioni a Cuba del governo USA (OCB) si è visto obbligato ad accettare
le accuse, quando il giornalista Oscar Corral ha rivelato che 50 suoi colleghi in
Florida erano stati pagati da Radio Martì per produrre materiale appoggiando la
posizione del Dipartimento di Stato contro Cuba.
Lo
scandalo fù così grande che l’editore del maggiore quotidiano di Miami, Jesus
Diaz, allontanò vari giornalisti adducendo che non si può “garantire l’obiettività
né l’integrità se qualcuno dei nostri reporter riceve compensi in denaro di
qualunque entità, specialmente da un’agenzia di Governo”.
Nonostante
le dure parole dell’editore, la mancanza etico-professionale non sembra essere
stata considerata molto grave, visto che pochi mesi dopo alcuni dei giornalisti
tornarono a lavorare nella redazione come se non fosse successo niente.
Senza
dubbio, si sono verificate così tante anomalie legali ed etiche che sembra
logico che il relatore dell’ONU, Gabriela Knaul, guardi con sospetto l’indipendenza
dei giudici in questo caso.
In ogni caso c’era da aspettarselo che fosse così,
tenendo conto dove si svolse il giudizio.
Miami
è una città dove gli esiliati cubani hanno un enorme potere politico, economico
e mediatico.
Era molto improbabile che i cinque agenti cubani, confessi di
vigilare e informare Cuba sulle attività della stessa comunità di Miami, potessero
ottenere un giudizio equo.
L’ambiente
di Miami va oltre l’odio verso Fidel Castro e arriva fino ai cittadini che vivono
sull’isola.
Nel maggior giornale della città appaiono diatribe assicurando che
qualunque accerchiamento “deve essere costruito dai cubani stessi all’interno”.
Coloro
che vengono descritti come “quelli che hanno accettato tutto, che hanno
collaborato con tutto, quelli che denunciavano i loro compatrioti, quelli che
da 50 anni riempiono la piazza di Fidel e applaudono annusandogli il culo”.
Però
sembra che per Washington non fosse sufficiente l’ambiente naturale della
città, così decisero che il loro apparato d’informazione ufficiale “bruciasse”
centinaia di migliaia di dollari per infiammarlo ancor di più e creare un
incendio di grandi proporzioni attraverso la stampa.
Nel
mezzo di questo ambiente Gerardo Hernandez (nella foto) fù condannato a due ergastoli, per
poter garantire che resterà dietro le sbarre anche se dovesse reincarnarsi in un’altra
vita.
Adesso
la sua difesa reclama un giudizio giusto, in una città senza pregiudizi, senza
pressioni del governo né campagne stampa.
Il
tema preoccupa anche le Nazioni Unite perché come ha affermato l’avvocato statunitense
Martin Garbus “ogni dollaro per ogni articolo, immagine o programma radio televisivo che si è speso in questo piano segreto, ha violato l’integrità
del giudizio”.
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