26 luglio 2012

La politica di Cuba: senza l'aumento della produzione non ci saranno aumenti salariali


Raul Castro è salito sul palco di Guantanamo durante la celebrazione del 26 Luglio per mortificare ancor di più le flebili speranze di un miglioramento nella qualità della vita dei cittadini cubani.


Sembra incredibile ascoltare queste parole, sembrano uscire dalla bocca di un alieno totalmente estraneo alla realtà di chi vive in un paese dove il salario medio è 15-18 CUC al mese e dove un litro di latte costa più di 1 CUC e un paio di jeans scadenti più 20 CUC.
Castro ha così dichiarato: “Fino a quando non aumenteremo la produzione e la produttività, iniziando da quei settori che stanno nelle nostre possibilità, che si possono incrementare, come la produzione di alimenti, per poter risparmiare milioni di dollari nelle importazioni, non si potranno aumentare i salari. Gli stessi medici guadagnano molto poco, però questo vale per tutti. Viviamo e manteniamo la rivoluzione da più di mezzo secolo, questa è la grande prodezza del popolo cubano.”

Il presidente dice di essere consapevole dei problemi e delle “molte difficoltà” che affrontano i cubani, ma ha insistito nel dire che la cosa più importante in questo momento è la produzione di beni materiali. 
Come si può stimolare un popolo ad aumentare una produttività statale con dei salari miserabili che non consentono la minima sopravvivenza basica, è un paradosso che il leader cubano non sembra voler comprendere.
“Dobbiamo continuare con il ritmo che noi stessi decidiamo, senza fretta, ma senza tregua, poco a poco.”

Quella battaglia economica che è diventata una bandiera del suo mandato presidenziale, che ha stimolato la creazione di piccole imprese private per “attualizzare” il modello socialista, sembra sempre più una chimera irraggiungibile e soprattutto una strada impraticabile. 
Le attività in proprio stentano a decollare a causa dell’incapacità, o della mancanza di volontà, di organizzare un sistema di distribuzione all’ingrosso che renda queste attività una realtà economica concreta. Le nuove leggi tributarie aumentano la pressione verso queste attività rendendo ancora più difficile il loro sviluppo reale.

Voler mantenere l’impresa statale come la “forma principale di economia nazionale” senza provvedere ad un incremento della qualità economica della vita degli stessi lavoratori statali è tanto assurdo quanto contraddittorio. 
Nonostante i recenti viaggi in quei paesi socialisti che negli ultimi trent’anni sono diventati realtà economiche globali grazie all'abbandono del controllo statale sulle imprese private, non sembra aver insegnato nulla all’anziano presidente, il quale resta incastrato in retoriche ideologie che mantengono Cuba stoicamente ancorata ad una roccia di sabbia che si sgretola ogni giorno di più. 

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